“Loving”: la recensione

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Id. GB/Usa, 2016 Regia Jeff Nichols Interpreti Joel Edgerton, Ruth Negga, Marton Csokas, Nick Kroll, Michael Shannon Distribuzione Cinema Durata 2h e 3’

Al cinema dal 16 marzo 2017

IL FATTO – Virginia, fine anni ’50. Richard Loving è un muratore, figlio di una levatrice, Mildred la sua ragazza. “Sono incinta” gli dice, “Sono felice” risponde lui, che si divide tra il tirar su case e mettere a punto i motori di auto pinnate per competizioni alla buona. Tutto bene dunque? Affatto! Tutto il contrario, perché lui è bianco e lei è nera e nello stato principale del Dixie vige il più assoluto segregazionismo. Si sposano nel vicino District of Columbia (cioè a Washington), ma quando tornano a casa finiscono in carcere. “Sei nato nel posto sbagliato. Pensi che alla gente di qui non gliene importi. Ma è la legge di Dio!” gli dice lo sceriffo. Scamperanno alla pena se si dichiareranno colpevoli e se abbandoneranno lo stato. “Per quanto tempo?” “25 anni!”. I due inghiottono il dolore e accettano, ma Loving, il tranquillo e parco di parole Loving, è anche un tipo disposto a difendere il suo diritto ad amare sua moglie sfidando la stupidità di ogni legge razzista.

L’OPINIONE – Da una storia vera, che fece, come si dice, giurisprudenza, Jeff Nichols (regista e sceneggiatore originario dell’Arkansas) costruisce un altro dei suoi sempre poco enfatici ma attenti racconti tra cinema di genere e il ritratto psicologico che lo hanno fatto notare, per ora più nel popolo dei festival che altrove (Take Shelter, 2011, Mud, 2012, Midnight Special, 2016). Infatti anche Loving si è coperto di allori, presentato in concorso a Cannes (con standing ovation), nomination ai Golden Globe e agli Oscar (questo per la coprotagonista Ruth Negga), più tanti premi tra i festival Americani.

In effetti, al garbo e alla attenzione minuta dell’autore per i particolari significativi, si aggiunge una recitazione quanto mai misurata dei due interpreti principali: la versatile Ruth Negga, qui un giunco che si commuove ma non si spezza (ma l’abbiamo conosciuta più tosta in World War Z, 2013 e Jimi: All Is By My Side, 2013), e il forse ancor più sorprendente Joel Edgerton, qui imbiondito, introverso e uomo del sud dal cuore puro, davvero irriconoscibile rispetto alle performances muscolari di Star Wars (2002 e 2005), Zero Dark Thirty (2012) o Exodus (2014, purtroppo sì, era Ramsete!). Probabilmente l’unico cruccio di un film così intelligentemente orchestrato è quello di uscire dopo che le questioni della battaglia per l’uguaglianza dei neri e sugli amori inter-razziali sono già state affrontate e riproposte sino al rischio dell’eccesso per abbondanza (oltretutto, spulciando nelle enciclopedie del cinema, scopriamo che la storia ebbe già una sua versione su schermo, quello piccolo, nel 1996 con Timothy Hutton e Lela Rochon).

Massimo Lastrucci

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