Maze Runner – La rivelazione, l’ultimo capitolo: la recensione

La saga fantascientifica young adult con Dylan O'Brian e Kaya Scodelario è un'esplosione di effetti speciali

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Maze Runner – The Death Cure Usa, 2018 Regia Wes Ball Interpreti Dylan O’Brien, Kaya Scodelario, Thomas Sangster, Rosa Salazar, Dexter Darden, Walton Goggins, Katherine McNamara, Aidan Gillen, Paul Lazenby, Nathalie Emmanuel, Will Poulter, Patricia Clarkson, Giancarlo Esposito Distribuzione 20th Century Fox Durata 2h e 22′

Al cinema dal 1 febbraio 2018

LA STORIA – Cosa non si fa per liberare l’amico Minho! L’ex Velocista Thomas e i suoi decidono addirittura di tornare nell’ultima metropoli rimasta, la “tana” dei loro tecnologizzati nemici (“tre anni per cercare di evadere e ora torniamo indietro”), intenzionati a catturarli per servirsene come cavie per trovare finalmente la cura al morbo che ha praticamente distrutto la razza umana. Nella cupa megacittà, concentrata su se stessa come una futuristica fortezza tutto ferro e acciaio, Thomas, Newt e co. avranno parecchie sorprese.

L’OPINIONE – Capitolo finale della trilogia di fantascienza distopica basata sui libri di James Dashner e chiaramente destinata a un pubblico “young adult”, Maze Runner (che in originale ha come sottotitolo La cura mortale, e così è stata presentata dappertutto tranne che nella prudentissima Italia dove è diventata La rivelazione), se non offre molti stimoli a chi cerca originalità, variazioni e particolari cure di trama e sceneggiatura, in compenso è una festa per gli amanti degli effetti speciali, specie quelli visivi; del resto il regista Wes Ball è da lì che proviene.

Vagoni e autobus trascinati per aria, automobili che si ribaltano a tutta velocità, altre scagliate come proiettili, personaggi tutti con la vocazione degli acrobati da circo. E se alcuni cattivi del tutto cattivi non sono mai (per molti la motivazione è nobile, quasi più di quella dei nostri ribelli), altri sono determinati sino alla ferocia più illogica e gratuita.

Negli States questo tipo di visioni, anche ideologiche, piacciono sempre; l’individualismo esasperato (alla cowboy) che si afferma anche come rispetto naturale dell’altro contro ogni logica, collettiva e maggioritaria, del minore dei mali, del sacrificare qualcuno per salvarne il più possibile. Ovvio che sia solo un pretesto per creare movimento e adrenalina, in azioni cui inevitabilmente difetta la suspence che pure si dovrebbe e vorrebbe avere come base. Ad ogni buon conto la partenza di Maze Runner – La rivelazione ai botteghini è stata degna dei Velocisti del film, oltre 24 milioni di dollari in questo primo weekend solo negli USA, con un budget dichiarato di 62, e subito secondo al box office italiano nel giorno di uscita.

Riprese in Sud Africa, a Città del Capo e nel deserto del Kalahari, più un giusto mix di attori, tra giovanotti emergenti (Dylan O’Brien, visto anche in American Assassin, la seducente Kaya Scodelario, il faccia da schiaffi Will Poulter, splendido in Detroit) e veterani (Aidan Gillen, Barry Pepper, Patricia Clarkson, Giancarlo Esposito). Maze Runner – La rivelazione sarebbe uscito anche prima sugli schermi se un incidente sul set non avesse bloccato il protagonista Dylan O’Brien, facendo slittare l’uscita addirittura di un anno.