Twisters, il ritorno del disaster movie passa attraverso un sequel standalone del film di Jan De Bont del 1996. Dal 17 luglio nei cinema italiani con Warner Bros. dopo l’anteprima al Taormina Film Fest.
IL FATTO Twisters
Kate (Daisy Edgar-Jones) è una giovane studiosa di uragani con il sogno di realizzare un mezzo tecnologico in grado di domarli. Il suo sogno si trasforma presto in incubo dopo che un test da lei progettato finisce in maniera tragica, portandola ad abbandonare completamente l’idea. Quando, cinque anni dopo, il suo vecchio amico Javi (Anthony Ramos) le chiede di testare un innovativo sistema di tracciamento, Kate torna sul campo in Oklahoma, consapevole di dover fare i conti con il suo trauma. Lì conosce Tyler Owens (Glen Powell), un affascinante quanto spericolato (ed esperto) YouTuber che vive di adrenalina insieme ad un affiatato gruppo di geek. I due team si addentrano in una pericolosa ondata di tornado che minaccia di spazzare via ogni città della zona, mentre il sogno di Kate torna più vivido che mai.
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L’OPINIONE
In un’era inghiottita da supereroi e franchise, in cui si fa sempre più fatica a godere di blockbuster semplici e di puro intrattenimento, Twisters arriva (metaforicamente…) come una manna dal cielo. Rimetter mano ai tornadi 28 anni dopo l’amato cult di Jan de Bont poteva essere un’impresa assai rischiosa e invece Lee Isaac Chung (il regista del drammatico Minari candidato a sei premi Oscar) ci regala un film catastrofico da vecchia scuola Amblin, scorrevole, adrenalinico e ben interpretato, attaccato al passato e allo stesso tempo aperto a nuovi spunti. Glenn Powell è una calamita fascinosa e irresistibile (non ne ha sbagliata una quest’anno dopo Top Gun: Maverick), mentre Daisy Edgar-Jones incarna il suo opposto, l’eroina moderna abitata da paura e determinazione. È brava, seppur leggermente meno incisiva di quanto lo era stata Helen Hunt.
Più del suo predecessore, con il quale non condivide nessun personaggio se non il nemico comune vorticante, Twisters si concentra sugli effetti dei disastri, sulla paura e sulla disperazione, aprendo anche la riflessione (per fortuna non troppo retorica) alla politica dei profitti. Interessante, anche per l’uso della fotografia e dei campi larghi, il ritratto che esce fuori del Midwest americano, incorniciato da costumi e canzoni che ne incarnano appieno lo spirito country.
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Il primo Twister (1996) senza la ’s’, Into the Storm del 2014 per rimanere sui tornadi o alcuni tra i più classici disaster movie del passato come Armageddon (1998) e The Day After Tomorrow (2004), ma anche il recente Greenland (2020) con Gerald Butler.