“KLEZMER”: UNA FORESTA, GLI ABITANTI DI UNO SPERDUTO VILLAGGIO E L’OLOCAUSTO!

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Logo Ciak In MostraCIAK IN MOSTRA: PIOTR CHRZAN RACCONTA LA POLONIA RURALE AI TEMPI DEL NAZISMO

 

KlezmerLe storie e le vite di diversi abitanti di un villaggio polacco, dopo la liquidazione del ghetto nel 1943, convergono intorno ad un violinista ebreo ferito. Accade tutto nel corso di un pomeriggio estivo, il sole filtra tra gli alberi di una densa e verde foresta: questo il punto di partenza di Klezmer, film presentato nelle giornate degli autori firmato da Piotr Chrzan. Un esordio dietro la macchina da presa il suo, in uno dei festival più importanti. «Non potevo immaginare nulla di più bello che partecipare alla Mostra del Cinema di Venezia con il mio primo film, naturalmente è un onore enorme » dice contento Chrazan, non nascondendo un certo imbarazzo, tipico di chi non è abituato ad avere i riflettori puntati addosso e aggiunge «La Mostra e il cinema italiano, che considero il migliore al mondo, rappresentano per me la storia della settima arte. Venezia poi è legata a meravigliosi ricordi d’infanzia. Ci sono stato una volta da bambino, ed essere qui ora mi commuove ».

KlezmerI paesaggi onirici di Klezmer, quei boschi pullulanti di storie e racconti tramandati dai più anziani, Chrzan li conosce bene: «Sono cresciuto in campagna e fin da piccolo ho sempre sentito storie che parlavano dell’Olocausto e degli ebrei che si nascondevano tra le fronde per sfuggire alla morte ». La chiave di lettura dell’opera del regista polacco non è la guerra, ma come essa abbia mutato i rapporti tra gli abitanti di uno stesso luogo. Witus (Kamil Przystal), il sempliciotto del villaggio, Marek (Szymon Nowak), Michal (Leslaw Zurek) e MaryÅ¡ka (Weronika Lewon) trovano in un burrone un uomo esangue, in fin di vita. I nazisti pagavano bene chiunque portasse loro ebrei ancora vivi, quindi i quattro decidono di trasportarlo faticosamente sino in paese. La sorella dalla lingua tagliente di Witus, unitasi al gruppo insieme alla cugina, Rozálka (Ewa Jakubowicz), non è d’accordo con loro e cerca di convincerli a consegnarlo invece alla comunità ebraica che si nasconde nel bosco, sempre in cambio di denaro. L’egoismo è ciò che accomuna tutti i protagonisti di Klezmer, ognuno con i propri difetti e tutti intrappolati in un microcosmo all’interno di una tragedia che li sovrasta. «La soddisfazione più grande è che gli attori hanno metabolizzato, compreso e restituito nella sua piena autenticità quello che io volevo raccontare », ha asserito fiero Chrzan. Molte sono le opere che hanno cercato la sensibilità universale per raccontare i retroscena meno conosciuti di una tragedia come l’Olocausto «Il giardino dei Finzi Contini è quello che sento più vicino » ci racconta Chrzan. «L’opera parla di una piccola comunità che si confronta con tale tematica ».
KlezmerImpossibile a questo punto non fare il paragone con Ida di Pawel Pawlikowski, altra opera polacca sull’Olocausto Premio Oscar come Miglior film straniero l’anno scorso. Se Ida scoperchiava il vaso di Pandora, mostrando i retaggi dell’antisemitismo attraverso una storia personale, girata con uno stile essenziale e privo di retorica, Klezmer invece non concede ampio spazio all’emotività. I protagonisti non sono eroi con i quali si può entrare in empatia; Chrzan trasporta la loro glaciale freddezza nella liricità dei paesaggi, creando un netto contrasto tra i due elementi allo scopo di far riflettere attraverso un’apparenta apatia. Ma cosa si aspetta il regista polacco dalla Mostra? «Venezia è sempre stato un punto di riferimento, e ho molto apprezzato le opere che proiettavano. Aspetto con curiosità il film di Jerzy Skolimowski, 11 Minut (11 Minutes) ». Per il futuro invece? «Ho vari progetti, devo capire quale affrontare, e ovviamente spero di ritornare al Lido l’anno prossimo ».

Rudy Ciligot