Jan Michelini racconta Diavoli: “Con Borghi e Dempsey porto in tv la finanza senza stereotipi”

Il regista che ha diretto la serie Sky Original insieme a Nick Hurran ne svela i retroscena a Ciak e dice: "Tornare a lavorare dopo il coronavirus? Sarà come lo sbarco sulla Luna"

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“Quando mi fu chiesto di dirigere la serie e lessi per la prima volta Diavoli ebbi una reazione di enorme sorpresa e frustrazione, non conoscevo quasi nulla delle dinamiche del mondo dell’alta finanza, ma l’idea mi ha appassionato subito”.

Jan Michelini, è cresciuto al fianco di registi come Ron Howard sul set di Angeli e Demoni e Mel Gibson in La Passione di Cristo, ha firmato alcune delle serie di maggior successo della tv italiana (Don Matteo, Doc – Nelle tue mani), ha lavorato a grandi produzioni internazionali (I Medici), eppure dirigere Diavoli è stata una delle sfide più grandi.

La serie è tratta dal best seller “I diavoli” di Guido Maria Brera, è prodotta da Sky e Lux Vide e realizzata in collaborazione con Sky Studios, Orange Studio e OCS. Debutta il 17 aprile su Sky Atlantic e su NOW TV. Jan Michelini firma la regia con Nick Hurran. Dieci episodi girati in inglese tra Londra e Roma con un cast internazionale guidato da Patrick Dempsey, Alessandro Borghi e Kasia Smutniak, e una sfida: raccontare il mondo della finanza in modo originale senza cadere negli stereotipi.

Il punto di partenza è la catastrofe finanziaria del 2008, Diavoli ne racconta le conseguenze attraverso la storia di un trader, Massimo Ruggero, interpretato da Alessandro Borghi, in sfida continua con il suo boss, Dominique Morgan (Patrick Dempsey).

Jan Michelini ha raccontato a Ciak le sfide e i retroscena della serie, nonché le difficoltà di lanciare un progetto in pieno lockdown.

La crisi del 2008 ha ispirato molti film e serie tv, qual è la particolarità di Diavoli?

Diavoli parla delle conseguenze di quella crisi ed è la prima volta che ne se parla in maniera approfondita. La particolarità sta proprio nell’intreccio tra la finzione e la realtà, raccontata attraverso dei frammenti di news e spaccati di storia inseriti tra le scene per dare risalto alla veridicità di quello che viene raccontato. Diavoli è una serie molto particolare, perché riesce a contenere aspetti di generi molto diversi senza mai uscire da un’unità narrativa forte e coesa. E’ un thriller finanziario e politico avvincente, a  tratti diventa una storia d’amore e di amicizia struggente, poi vira nella finanza coinvolgendo lo spettatore in dinamiche che sono fuori dall’orinario, per riportarlo nelle spire del rapporto padre-figlio di Dominique e Massimo, che compiranno poi una sfida all’ultimo sangue. E nel frattempo lo spettatore scopre alcune verità su Gheddafi, sull’ arresto di Strauss Khan o sull’origine della terribile nomea di PIIGS, porci, che fu affibbiata ad alcuni paesi dell’Europa meridionale nella crisi del 2010-2011. Lo spettatore alla fine della serie sarà libero di scegliere qual è la sua verità e in questo c’è un grande tentativo di questa serie di formare lo spettatore ad una sua idea, di non giudicare la storia ma di lasciarlo libero. Il sistema politico ed economico globale ha dei suoi meccanismi, dei suoi statuti, sono giusti, equi? E in quello che suggeriscono le derive populiste di questi anni c’è del buono oppure no? Sta a te. 

La serie è tratta dal romanzo di Guido Maria Brera, vi siete confrontati con lui durante le riprese?

Guido si è reso molto disponibile con tutti noi del cast artistico innanzitutto per formarci alla finanza, perchè ne avevamo chiaramente un gran bisogno tutti e poi per raccontarci dalle viscere in prima persona cosa significa essere un trader ad altissimi livelli ed essere coinvolti ogni giorno in operazioni che possono capovolgere il corso della storia di un Paese o di un continente intero come l’Europa. Siamo stati affianco a lui a Londra, nei quartier generali di Banche e grandi Fondi di investimento, il ghota della finanza Londinese, per poter arricchire i personaggi e coglierne i chiaroscuri.  Studiare prima di tutto la figura di Guido stesso è stato essenziale per capire che un buon trader è innanzitutto un grande conoscitore della storia , della psicologia umana e delle scienze cognitive, delle scienze politiche, è un tuttologo, che deve saper interpretare non solo i numeri della finanza ma anche la situazione socio-politica del momento. Ne è nata una bella amicizia perché Guido è una persona molto creativa, un vero artista, e soprattutto un uomo molto generoso nei rapporti umani.

Lei ha già lavorato su molti set internazionali, qual è stata la sfida più grande in questo caso?

Sicuramente una delle sfide più grandi è stata quella di entrare nel mondo della finanza appunto. Non è semplice costruire una storia intorno ad un mondo così complesso e se vogliamo anche apparentemente freddo e asettico. Ricordo ancora il mio primo ingresso alla JP Morgan a Londra, nella grande sala dei trader. Nella mia grande ignoranza sul tema, pensavo di trovarmi di fronte alla classica scena da film dove tutti urlano a squarcia gola “Compra, vendi!… Invece silenzio assoluto, grande compostezza, tutto telematico, tutti in cuffia e chini sul computer.  Ho dovuto rifondare dalle basi la mia idea di finanza e rincominciare da zero per cercare quegli elementi che potessero essere interessanti per i personaggi.

Con Alessandro Borghi, Patrick Dempsey e Kasia Smutniak come è andata?

Alessandro è una persona pura, autentica, e un bravissimo attore, con la sensibilità e la fragilità di un bambino. Prima di iniziare la serie ha fatto un lavoro serissimo di ricerca sull’ambito della finanza e sul suo personaggio e ha custodito preziosamente la sua vicinanza con Guido Brera traendo anche da lui spunti interessanti per colorare il personaggio.

Patrick dal primo giorno che è arrivato a Roma, prima ancora di arrivare sul set era già calato perfettamente nel personaggio. Una grande interpretazione lascia sempre un grande spazio all’interpretazione del pubblico. Dominique Morgan è un uomo impenetrabile e lui è riuscito a dargli una forza tale da fargli superare il concetto di antagonista e farlo diventare un grande manovratore direi anche empatico. Non voglio spoilerare! e mi fermo qui…E’ un ruolo che poteva affrontare in questo modo solo un attore che ha maturato molta consapevolezza su se stesso e sul suo personaggio, un perfezionista, un attore maturo che con questo ruolo apre una nuova fase della sua carriera…

E’ stato molto stimolante lavorare con Kasia che mi ha molto sorpreso per la sua capacità di immergersi nella scena senza preconcetti sulla stessa, ma solo vivendo il momento e gli stimoli di quello che il suo personaggio aveva davanti a sé. La trovo una qualità che hanno solo gli attori di livello, che sanno mettersi in gioco e vivere la scena. E’ una donna piena di risorse e di grandi qualità umane, di grande sensibilità..

In questo periodo stiamo vivendo un periodo di crisi legata al coronavirus i cui effetti potrebbero essere devastanti come quelli della crisi finanziaria del 2008, potremmo vedere nuovi “diavoli” che approfitteranno di questa situazione?

Diavoli 2 è in fase di scrittura e non c’è molto che io possa dire. Sicuramente questo è un periodo dove chi vuole può approfittare per mettere in atto grandi manovre finanziarie che possono nuocere o risollevare le sorti di un intero continente. La finanza è messa a dura prova in questo periodo e come altri periodi di grande crisi si trova di fronte ad un bivio direi di libero arbitrio. Consentire ai popoli e alle nazioni di “respirare” o pensare solo al profitto? Basti guardare cosa sta succedendo in Europa e all’acquisto della Banca Centrale Europea dei titoli di Stato italiani da parte di Francia e Spagna e tutte le grandi manovre che stanno accadendo in questi giorni.

Molti registi stanno già lavorando a progetti per raccontare la quarantena o immaginare il mondo che verrà dopo, lei ci ha mai pensato?

Si questo è un periodo molto fertile di scrittura per me soprattutto quando i miei figli me lo consentono. Come tutti i periodi in cui si è messi a dura prova da tanti punti di vista, dalla banale motorietà negata al senso di intima paura o alle grandi domande come quelle sulla vita e la morte o sulla fede, si è molto ispirati e si tende ad esternare i propri sentimenti. Il mondo sarà diverso quando tutto questo sarà giunto al termine e spero dal profondo del cuore che tutti possano rincominciare dal punto in cui sono arrivati e non tornare indietro a come erano. La prova può far uscire anche i meglio da noi se sappiamo coglierlo! Personalmente sto girando del materiale proprio in questi giorni nelle città di Roma e Milano e ho scritto una cosa di cui spero di poter parlare presto.

Come cambierà, e sta già cambiando, il modo di girare, produrre, promuovere le serie tv dopo il coronavirus?

Qualche giorno fa ho ricevuto il protocollo di produzione audiovisiva stilato dalla CPA e in sostanza, anche giustamente, il rientro e chissà per quanto tempio, sarà un po’ come andare a fare lo sbarco sulla luna. Temo che non sarà facile soprattutto per un lavoro come il nostro dove il contatto umano è fondamentale. Sono sicuro che troveremo dei modi di adattarci e di interagire al meglio affinchè non si perda la magia del nostro bellissimo e complessissimo mestiere. La promozione invece la stiamo già vivendo in questi giorni, soprattutto attraverso i social che stanno diventando la risorsa primaria, anche per chi conduce programmi televisivi, e sarò costretto ad aprire degli account social che ho cercato di evitare fino ad oggi per cercare di lasciare almeno il tempo libero alla famiglia.

#iorestoacasa …come passa il tempo Jan Maria Michelini durante la quarantena?

Quando non lavoro, tutto il resto del tempo lo dedico alla mia famiglia, abbiamo due bimbi piccoli e chiusi in casa senza aiuti dall’esterno è un’esperienza direi molto coinvolgente. E poi finalmente sono a casa, da tre anni non riuscivo a fermarmi più che un fine settimana e questo momento è un grande dono per me e per noi. Finalmente poi riesco a godere di qualche film e di qualche serie che non ero riuscito a vedere!