Dopo La mafia uccide solo d’estate (2013) e In guerra per amore (2016), Pif torna dietro la macchina da presa con E Noi Come Stronzi Rimanemmo a Guardare, presentato alla Festa del Cinema di Roma come Evento Speciale. Una satira che lo stesso autore – sempre lui, insieme a Michele Astori – descrive come “una critica della società moderna in cui la tecnologia controlla la nostra vita”, ma che non sembra in grado di lasciare il segno. Nonostante la presenza dello stesso regista sullo schermo ad accompagnare il protagonista assoluto, Fabio De Luigi.
La fantascienza di Pif e Fabio De Luigi alla Festa di Roma
Intorno a lui si muove un cast di comprimari apprezzabili – Valeria Solarino, Ilenia Pastorelli, Maurizio Marchetti, Maurizio Lombardi, Eamon Farren (c’è persino un cameo di Maurizio Nichetti) – in ruolo e ben guidati. Tutto parte della storia di Arturo, manager rampante che, senza sospettarlo, introduce l’algoritmo che lo renderà superfluo nella sua stessa azienda. Rimasto single per colpa del test di compatibilità di un’app, si ritrova senza lavoro, fidanzata, amici e costretto a sbarcare il lunario come possibile. Affidandosi all’onnipresente Fuuber, una multinazionale, colosso della tecnologia, che sembra controllare ogni aspetto della sua e della nostra vita.
I riferimenti alla realtà sono evidenti, ma la stigmatizzazione di social e sistemi di profilazione ai quali ci affidiamo quotidianamente e volontariamente senza gridare al complotto o scendere in piazza risulta paradossalmente piuttosto datata, e scontata. Certo, la preparazione del film risale ad almeno un paio di anni fa, ma fatta salva l’attenzione negli ultimi tempi finalmente riservata ai runner, quanto a riletture in chiave satirico-grottesca delle condizioni di lavoro e derive tecnologiche della società moderna sono molti i titoli che si potrebbero fare, a partire – al di là del Play Time dichiaratamente citato dal regista – da Il Dormiglione di Woody Allen e Il ragazzo del Pony Express con Jerry Calà.
Altri tempi, certo, considerazione che potrebbe semplicemente acuire la disperazione per una situazione alla quale non sembriamo in grado di porre rimedio, nemmeno singolarmente. E che giustamente nel film non viene ulteriormente e inutilmente sottolineata, pur approfittando di alcune situazioni reali (dal Fuuber Infinity ai voli low low cost) utili a costruire un prossimo futuro nel quale ambientare la vicenda.
Che finisce per essere una carrellata di casi, esempi e scenette poco funzionali a regalare ritmo alla narrazione. O a permettere una maggior caratterizzazione ai personaggi, piuttosto statici quando non stereotipati (tanto l’hater filologo interpretato dallo stesso Pif quanto l’ex manager costretto a riciclarsi come runner non sembrano trovate del livello di altre degli stessi autori, purtroppo).
Il testimone, anche Mika e i The Jackal nel ritorno di Pif
Prevedibile e godibilissima la scelta di raccontare con leggerezza il dramma di chi perde tutto o non riesce a vivere una vita degna di tale nome, mali che sempre più sembrano appartenere alla nostra epoca, o sottolineare una alienazione tecnologica alla Spike Jonze. La sensazione generale, però, è che storie come questa vivano più della capacità di certi nomi di fare da catalizzatore del pubblico o dell’attenzione dello stesso, a prescindere dalla loro effettiva originalità. Non migliorata dal pre finale fin troppo ‘roseo’ e davvero poco realistico alla ‘due cuori senza capanna’, controbilanciato da una conclusione non particolarmente rivelatrice. Se “l’obiettivo” – come dichiarato dallo stesso Pif, era “far discutere”, sarà forse più effettiva l’agghiacciante sequenza iniziale della festa a tema nazista. Di facile interpretazione e dalle finalità comprensibili, ma che metterà alla prova la sopportazione di molti.