Flow, Gints Zilbalodis al Tokyo Film Festival 2024

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Gints Zilbalodis Flow

Non è da tutti vincere il Premio della giuria e del Pubblico al Festival di Annecy, forse il più importante in assoluto per il cinema di animazione, ma il Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis è uno di quei film che sanno distinguersi. Come dimostrato anche alla première di Alice nella Città alla Festa di Roma 2024 e come confermato al Tokyo Film Festival, dove abbiamo incontrato il giovanissimo e geniale regista lettone con il suo sceneggiatore Matīss Kaža.

Loro ci hanno raccontato del mondo sommerso nel quale il gatto protagonista dell’avventura cerca di sopravvivere – con un curioso e variamente assortito gruppetto di compagni di sventura – mentre tutto intorno va scomparendo, come sembrano aver già fatto gli esseri umani. E del processo creativo che ha portato alla realizzazione del piccolo gioiello che dal 7 novembre (dopo un passaggio a Lucca Comics & Games e al Trieste Science + Fiction Festival) Teodora Film distribuisce anche nei cinema italiani.

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Non è stato facile “mettere sulla pagina questa esperienza senza testo” ammette Kaža, (stavolta anche produttore oltre che sceneggiatore) per la prima volta al lavoro su un’idea altrui eppure coinvolto dal dover “adattare il mio pensiero a quello di qualcun altro” e “cercare di inserire qualcosa in un mondo che era già stato creato“. “La maggior parte delle decisioni le abbiamo prese insieme – dice. – Ho partecipato alle decisioni su alcuni personaggi, su come potevano svilupparsi i loro archi, ma poi quando Gin ha iniziato la produzione ha messo da parte la sceneggiatura e ha realizzato il film quasi a memoria. E questo ha dato al film molta spontaneità e alcune nuove scelte creative“. Che hanno dato vita a una realtà incredibile che ha conquistato anche Guillermo del Toro (che ha  dato una bella spinta al film nella corsa all’Oscar), meravigliosa e potenzialmente mortale, e a una storia ricca di significati, facilmente comprensibili per tutto il mondo e le diverse generazioni.

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“In Giappone amano i gatti, per cui spero che il film vi piaccia”, esordisce Zilbalodis ringraziando il pubblico che ha affollato la proiezione ufficiale del film e approfondendo il tema degli animali… – Volevo che il protagonista restasse il più possibile un vero gatto, nel modo in cui si muove e pensa. Naturalmente non è un documentario, e ci siamo presi delle libertà artistiche, ma soprattutto il gatto e il cane, che conosciamo così bene, li abbiamo voluti il più possibile aderenti alla realtà. Avremmo potuto spingerci un po’ più in là, e renderli più espressivi come personalità, ma di storie simili, vissute da un punto di vista umano ce ne sono tante, invece vederle dal punto di vista degli animali fa un’enorme differenza e le rende più emotive e coinvolgenti. E poi sono già talmente espressivi e divertenti che non c’è bisogno di esagerare, facendolo si rischia di perdere l’emozione“.

FLOW - Un mondo da salvare

Dopo il precedente Away, di nuovo un film senza dialoghi, stavolta in un mondo sconvolto…
L’ho sempre fatto e volevo continuare, ed è per poterlo fare che ho voluto che i personaggi fossero animali. Non parlano, come in altri film d’animazione, e anche la storia doveva essere semplice, in modo da poter essere compresa senza dialoghi. In questo senso, la paura del gatto per l’acqua è sicuramente qualcosa di universalmente noto e mi ha anche permesso di raccontare una storia senza un vero e proprio antagonista. È il nostro gatto contro la natura, ma volevo che ci si potesse relazione con ognuno dei personaggi.

In generale, mi sento più a mio agio nel raccontare le storie attraverso immagini, suoni e musica. Mi piacerebbe scrivere dei dialoghi un giorno, ma qui ho pensato che non fosse necessario. Senza dialoghi posso essere più espressivo, sfruttare di più la musica, il suono e l’animazione, la macchina da presa, l’illuminazione… Posso spingerli molto più in là e dare loro un ruolo più importante che in un film con i dialoghi, senza che questi ultimi rapiscano tutta l’attenzione.

Parlando di riprese, c’è un grande uso dei campi lunghi, perché?
Volevo creare un’esperienza immersiva in cui ci si sentisse molto vicini al gatto, lo si seguisse, senza limitarsi a guardarlo da lontano. Volevo che queste riprese creassero proprio questo senso di realtà, perché ogni taglio ricorda che si sta guardando un film. È stato davvero difficile capire come guardarlo da diverse angolazioni, c’è una complicata coreografia tra i personaggi e la macchina da presa, mi ci è voluto un anno e mezzo per pianificare tutto. Anche perché non uso storyboard, come si fa praticamente in tutti i film d’animazione. Io pianifico direttamente in 3D, creo l’ambiente e realizzo dei movimenti molto semplici perché sembri che ci sia una persona reale che tiene la macchina da presa e si possa percepire il movimento a mano.

Gints Zilbalodis Flow

Quanto al finale, perché quelle ultime scene?
Se ti riferisci all’ultima scena prima dei titoli di coda, quella è arrivata abbastanza presto, è sempre stata nella sceneggiatura, il modo in cui è stata inquadrata e il modo in cui l’acqua trema e poi smette di tremare era chiaro da molto presto. Volevo che il film avesse una struttura circolare, che finisse in un punto simile a quello in cui era iniziato, ma con i personaggi cambiati, che era anche importante si guardassero attraverso l’acqua. Quanto alla scena dopo i titoli di coda, non era nella sceneggiatura, è stata aggiunta molto tardi, forse un mese prima della première. Lo staff di animazione se n’era già andato da tempo e io ho dovuto riutilizzare alcune animazioni da scene diverse. Mi è venuto abbastanza spontaneo mentre facevo i titoli di testa, volevo che fossero ambientati sott’acqua e avevo  avuto l’idea di inserire alcuni personaggi, penso sia una scena molto significativa.

Gints Zilbalodis Flow