All’ultimo Festival di Tokyo 2024 il loro Teki Cometh ha lasciato una ottima impressione e non a caso à risultato il vero trionfatore di questa edizione, anche in virtù dei tre premi vinti in due da Yoshida Daihachi e Kyōzō Nagatsuka. Sono stati loro, regista e attore, i protagonisti della cerimonia di premiazione che ha portato al film il Tokyo Grand Prix/Governor of Tokyo Award, il Best Director Award e quello per il Miglior Attore, e sono loro ad approfondire l’esperienza condivisa nel realizzare questo adattamento del libro dello stesso sceneggiatore del film Yasutaka Tsutsui, “Enemy“.
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Che sfida è stata realizzare questo adattamento, più o meno libero?
La prima volta, avevo letto il romanzo originale circa 30 anni fa, ma poi mi era capitato di rileggerlo qualche anno fa ed è stato sorprendente, perché ho reagito alla storia in maniera molto diversa rispetto al passato. Mi sono sentito spinto a creare qualcosa a partire da questa reazione avuta alla seconda lettura del libro, e mi è stato permesso, visto che la produzione mi ha sostenuto e mi ha detto che potevo fare quello che volevo. In questo senso non direi che ci sia stata una vera e propria sfida, o delle difficoltà, è stata soprattutto una esperienza divertente, e dopo questo Festival posso dire ancor più gratificante.
Anche nel suo precedente Pale Moon era stata premiata l’attrice, ha un segreto per riuscirci?
No, nessun segreto. Ma sono molto felice che i miei attori ricevano questi premi, anche perché penso che il cinema sia un mezzo di comunicazione nel quale gli spettatori devono poter ammirare le performance degli interpreti, e questo mio atteggiamento come regista non è cambiato, dall’inizio della mia carriera a oggi. Provo un senso di realizzazione, quando vincono, ma per fortuna ho vinto anche io il premio per la miglior regia, anche se non sono sicuro di meritare o meno l’altro. Sarà che il mio staff mi diceva di non aver mai fatto molto sul set…
Non sarà stato un segreto, ma certo la scelta del bianco e nero ha sicuramente contribuito…
La ragione principale del bianco e nero è stata perché dovendo far vivere il nostro protagonista in una casa tradizionale giapponese, durante la preparazione avevo cercato del materiale di riferimento per vedere come i film giapponesi avessero ripreso le case tradizionali… Mi sono infilato in una sorta di ginepraio, tra classici di ogni tipo, per cui credo di essere stato – anche se non in modo consapevole – influenzato da quei film e mi sono sentito obbligato a girare anche io in bianco e nero. Penso comunque che sia molto efficace, o che si sia rivelato molto efficace, perché per il carattere stoico del protagonista la monocromia ha conferito al film un’atmosfera strana, un’idea di repressione. Oltre che aiutare il pubblico a usare la propria immaginazione per creare una esperienza più immersiva.
Sapeva del passato parigino di Nagatsuka prima di sceglierlo per il ruolo di un professore di francese in pensione?
Ma non l’ho scelto perché sapeva parlare francese, non c’entra nulla. Non potrei mai ingaggiare un attore solo per il suo background o perché ha qualche frase in francese da recitare… però è stata solo una felice coincidenza.
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Sentiamo direttamente da Nagatsuka quale fosse questo suo background…
Semplicemente, da giovane ho studiato a Parigi, ed è stato allora che sono diventato attore, anche se totalmente per caso. Qualcuno venne da me a chiedermi se volevo recitare in un film, ed è iniziato tutto. Ho pensato che partecipare a una produzione francese potesse essere una buona esperienza, e così ho provato. In realtà avevo in mente di fare un altro lavoro, ma quando sono tornato in Giappone ho ricevuto altre offerte di progetti cinematografici. Per questo film sapevo che uno dei motivi per esser stato scelto era proprio che avevo studiato all’estero, in Francia, e mi è sembrato un ottimo dettaglio da inserire nella promozione del film. Sembra proprio che anche dopo 50 anni questa mia reputazione mi sia rimasta attaccata e che che il mio rapporto con la Francia continui.
Dopo 50 anni di carriera, pensa che questo riconoscimento sia un traguardo raggiunto?
Realizzando il film non mi sarei mai aspettato niente del genere, per un motivo particolare… Abbiamo girato tutte le scene nella casa in una location che era molto lontana da casa mia e ogni giorno, tra andare e tornare, dovevo svegliarmi molto presto la mattina e tornare a casa molto tardi la sera. Inevitabilmente, la mia concentrazione era tutta sul cercare di completare le riprese, giorno dopo giorno. Credo di avercela fatta solo grazia a chi mi supporta nella mia vita, grazie a lei ho potuto dormire bene e reggere fisicamente alla fatica.