ASPETTANDO EURO 2016: “ULTRÀ”

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Ultrà è un raro esempio di cinema italiano che parla di un universo che ruota intorno al calcio, senza scorciatoie comiche e demenziali. Il film fu presentato nel 1991 al Festival di Berlino, dove vinse l’Orso d’argento per la miglior regia. La vicenda si concentra su un giovane tifoso della Roma, appena uscito dal carcere, che riprende i contatti con i suoi compagni di tifo. Il regista Ricky Tognazzi è interessato in modo particolare alle dinamiche relazionali e umane che si stabiliscono all’interno di questa comunità e, per farlo, utilizza come espediente narrativo il viaggio in treno della tifoseria in occasione della trasferta della Roma a Torino contro la Juventus. Appaiono evidenti i valori che caratterizzano questo microcosmo: onore, fedeltà e machismo sono accompagnati da un forte senso di fratellanza e di appartenenza a una passione comune. Lo sguardo di Tognazzi non è mai moralista ma neppure consolatorio e giustificazionista.

Il grande merito di Ultrà è quello di descrivere una realtà senza giudicarla, e di osservare le cause e le concause per le quali in una dimensione comunitaria possano sfociare atti di violenza. Tognazzi non è interessato a individuare motivi sociali ed economici alla base della creazione di una collettività che sostiene una squadra di calcio: le curve esistono già, proprio come esiste qualsiasi altra espressione di aggregazione sociale, per il semplice fatto che l’uomo è naturalmente indirizzato a far parte di un collettivo i cui membri abbiano affinità caratteriali e comportamentali, oltre a passioni e interessi comuni. Nel cast spiccano Claudio Amendola e un giovane Ricky Memphis: due interpretazioni drammatiche di grande intensità. Il film ricevette alcune critiche dai tifosi della Roma, che accusarono il regista di descrivere i tifosi giallorossi in maniera eccessivamente violenta, malgrado proprio molti di loro fossero stati intervistati dallo stesso Tognazzi prima delle riprese per rendere Ultrà un ritratto credibile e verosimile. E anche a venticinque anni di distanza possiamo dirlo: è una pellicola che non perde la sua forza, da recuperare e difendere. Un salutare pugno nello stomaco.

Emiliano Dal Toso