Per parlare di Lelio Luttazzi e di La rabbia in smoking (Luglio Editore, € 13) si dovrebbe cominciare da una frase dell’appassionata, quasi arrabbiata prefazione del direttore Piera Detassis: «Che peccato, quanto swing abbiamo perso e disperso». Tutto quello che un grande artista non ha potuto esprimere per colpa di una tragica seppur breve esperienza carceraria, frutto di un allucinante errore giudiziario (accanimento?) e di accuse da cui è stato pienamente assolto. Intanto vita e carriera se ne erano andate (era il 1970). Quanta sofferenza, quanta pena per riuscire a recuperarle. Scrivere ha rappresentato una cura palliativa. Prima il romanzo Operazione Montecristo, non a caso con un’introduzione del grande Giuseppe Berto, in cui ha raccontato la sua terribile esperienza, poi altri scritti sparsi raccolti dalla moglie Rossana in questo libro: brevi racconti, apologhi, appunti, scalette per sceneggiature, «materiale incandescente, ancora allo stato di fusione, il magma di un’anima scossa che forse non troverà mai più lo stato solido, la pace», come sottolinea di nuovo Detassis.
Tra i racconti del libro c’è anche La villa di campagna (1971), da cui è stato tratto il film L’illazione, ideato, diretto e interpretato da Luttazzi, presentato finalmente, in anteprima mondiale, al Festival Internazionale del Cinema di Roma nel 2011. Ma sono pagine piene di chicche come Morte di Arianna ed Egidio e la ragazza bella bella in cui la morte sceglie il travestimento n. 10572… Stiamo parlando, comunque, di un’artista che ha firmato come autore Siae più di 400 titoli tra canzoni, commedie musicali, trasmissioni radiofoniche, spettacoli televisivi. E tante colonne sonore, ma nel cinema è stato anche attore con Michelangelo Antonioni (L’avventura, 1960) e con Dino Risi (L’ombrellone, 1965). Tanti altri film e tante altre cose, soprattutto l’amore per il jazz nella carriera di Luttazzi. Che potete ripercorrere nel sito della Fondazione (www.fondazionelelioluttazzi.it) voluta e perseguita tenacemente dalla moglie Rossana. Noi vogliamo ricordarlo con questa sua canzone (che ha anche interpretato): «Solo davanti a un fiasco de vin quel fiol d’un can fa le feste perché el xe un can de Trieste e ghe piase el vin». Proprio a Trieste Luttazzi tornò negli ultimi anni della sua vita. In pace? Forse: «Sto per arrivare con animo teso e ansioso ma felice, perché ogni volta che mi succede di venire a Trieste, sono sempre felice! E per dirlo io! Vuol proprio dire che lo sono davvero».
Giacomo Airoldi