The King con Timothée Chalamet è una rilettura spregiudicata e vivificante del testo di Shakespeare

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The King
The King - Steven Elder, Timothée Chalamet, Sean Harris - Photo Credit: Netflix

Lontano dal crudele padre Re Enrico IV ora malato, il Principe Hal (Timothée Chalamet), erede al trono, spende i suoi giorni nella deboscia, assieme a ubriaconi e lestofanti ma anche combattenti di vaglia come John Falstaff (che saggiamente riflette nel vino: “Niente mi ha fatto sentire tanto vile come vincere su quel campo di battaglia”). Il padre in guerra con scozzesi e gallesi, punta a diseredarlo e lui non chiederebbe di meglio, senonché per evitare carneficine e la probabile fine del fratello Thomas designato al suo posto, elimina in duello l’orgoglioso sir Percy gallese. Un’azione che avrà conseguenze: morto il fratello in battaglia, spentosi il terribile padre per malattia, Hal sale al trono con il titolo di Enrico V. Nella diffidenza della corte e del clero, realizza la pace interna, ma non può esimersi dal rispondere alle arroganti provocazioni della Francia. Sarà guerra, con tanto di invasione e il giovane Signore dell’Inghilterra ad Azincourt con al fianco un Falstaff che si rivela fine stratega e intelligente consigliere (“un re non ha amici. Ha solo seguaci e nemici”) si giocherà il trono e la vita in uno scontro totale contro le preponderanti truppe del Delfino di Francia.

 

The King è una rilettura insieme spregiudicata e vivificante del testo di Shakespeare, l’Enrico V. Con differenze sostanziali, la più evidente la trasformazione radicale della figura e del carattere di Falstaff. Quello che nel divino bardo era un tragicomico buffone, una arguta canaglia destinata ad essere lasciato dall’augusto compagno di stravizi per la ragion di stato e che morirà per questo afflitto dal dolore (che però qualcuno si ricordi del magnifico Orson Welles su schermo!), qui si rivela “au contraire” combattente di razza ancorché non fanatico, un gaudente dalla lingua tagliente ma che usa solo quando occorre (lo interpreta un ottimo Joel Edgerton). La cupezza del Medioevo è qui rivista sotto un taglio livido e realistico, esecuzioni e assassini compresi, guerre evidenziate in tutta la loro caotica brutalità, bagni di sangue di corpi a contatto in cui tutti i colpi sono validi, specialmente quelli più bassi.

Timothee Chalamet
76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – 76th Venice Film Festival – Venezia – Venice –
© 2019 Piermarco Menini, all rights reserved, no reproduction without prior permission, www.piermarcomenini.com, [email protected]

David Michod sa raccontare la violenza in maniera eccitante, sia che racconti della famiglia contemporanea (Animal Kingdom), sia che si lanci in torridi on-the-road semi post apocalittici (The Rover). Qui oltre all’assoluta padronanza delle scene di massa (c’è una delle battaglie visivamente più “belle” e cruente viste sullo schermo), il film sceneggiato dal regista e dallo stesso Edgerton, racconta al meglio la trasformazione di un’anima di gaudente pacifista che gli obblighi del potere e gli intrighi della corte rendono sempre più decisa, implacabile, da grande e torvo re quale sarà per nove anni. Curiosamente, lo interpreta con aderenza e convincente serietà quel Timothée Chalamet (peraltro a guardare i ritratti vi assomiglia pure) che Guadagnino aveva scelto come adolescente turbato e affamato di amore in Chiamami col tuo nome. A Robert Pattinson invece tocca il ruolo sgradevolissimo dell’arrogante e crudele Delfino di Francia, riuscendovi benissimo (ma azzardiamo che i cugini d’oltralpe non saranno altrettanto entusiasti). Quasi dimenticavamo: questo splendido (da premio) film vanta tra i suoi produttori anche Brad Pitt.