Nuovo Cinema Paradiso, la storia del film

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Come nasce una storia? Da altre storie che abbiamo vissuto o ci sono state raccontate. E anche il soggetto di Nuovo cinema Paradiso nasce da diversi episodi reali, riuniti con passione e affetto da Giuseppe Tornatore.

Il regista siciliano lo aveva in mente dal 1977, quando aveva partecipato allo smontaggio del cinema Vittoria a Bagheria, suo paese natale, ben prima quindi del suo esordio alla regia (Il camorrista, 1986). Appassionato di cinema sin da ragazzino, Tornatore aveva sentito dire da Carmelo Gagliano, proiezionista della sala parrocchiale della chiesa del Santo Sepolcro a Bagheria, che il gestore del cinema, padre Buttitta, si faceva proiettare privatamente ogni film, segnalando al proiezionista i momenti scabrosi (soprattutto i baci) da eliminare suonando la stessa campanella che usava per la messa. Gagliano aveva raccontato anche di Vincenzo, un chierichetto diventato poi salumiere, che era un vero malato di cinema e si era fatto dare da Gagliano gli avanzi dei pezzi purgati da padre Buttitta.

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Grazie a questi racconti, alla conoscenza dei proiezionisti del luogo e alla sua personale esperienza come proiezionista, Tornatore ha potuto creare i personaggi del film. Ecco quindi padre Adelfio, interpretato da Leopoldo Trieste, gestore del cinema Paradiso dell’immaginaria cittadina di Giancaldo (che in realtà è il nome della montagna che sovrasta Bagheria). Ed ecco il proiezionista Alfredo (Philippe Noiret) e soprattutto il piccolo Salvatore (Salvatore Cascio, poi Marco Leonardi e quindi Jacques Perrin da grande). Finita la guerra, a Giancaldo l’unico luogo di svago è il cinema parrocchiale, in cui si guardano i film, ma si continua anche a vivere la vita di tutti i giorni: si amoreggia, si allattano i bimbi, si beve, e si arriva persino a sparare durante un film di gangster. Salvatore, che vive con la madre Maria (Antonella Attili, poi Pupella Maggio), stringe amicizia con Alfredo, il proiezionista. Questi gli insegna i trucchi del mestiere, ma dopo che un incendio ha distrutto la sala rendendolo cieco, l’uomo spinge Salvatore a lasciare Giancaldo e a seguire la sua vocazione, che lo porterà a diventare un affermato regista. L’occasione per il ritorno a casa, trent’anni dopo, è la morte di Alfredo. Un viaggio nei ricordi doloroso (il cinema Paradiso, dopo essere stato ricostruito, finirà inesorabilmente abbattuto per la crisi) e pieno di nostalgia.

Pietro Notarianni, produttore esecutivo per Fellini e Visconti, sottopose la sceneggiatura a Franco Cristaldi, che accettò di produrlo. La prima versione del film, lunga quasi 3 ore, uscì a Messina e in pochissime città italiane a novembre del 1988. Fu un fiasco e a nulla servì un taglio di 25 minuti. Nel 1989, la svolta: dopo una nuova edizione di due ore rimessa a punto con Cristaldi, il film venne presentato al Festival di Cannes, vincendo il Gran Premio della Giuria. Da lì fu un susseguirsi di premi: su tutti un David di Donatello alla colonna sonora di Ennio Morricone, l’EFA a Noiret con un premio speciale a Tornatore e nel 1990 il Golden Globe e l’Oscar come miglior film straniero. A proposito dell’Oscar è Tornatore stesso a rivelare negli extra, cosa avvenne alla cerimonia e perché a parlare fu solo Cristaldi. Mentre stavano raggiungendo il palco, il produttore gli chiese: «Parlo io e tu ritiri il premio o parli tu e lo ritiro io?». Tornatore si ricordò che Fellini gli aveva detto che Cristaldi amava prendere l’originale e fare una copia per il regista, così rispose che avrebbe ritirato lui la statuetta.

Nella versione internazionale (in Dvd è uscito anche il director’s cut di 168 minuti) ora in Blu-ray, è stata tagliata la partecipazione di Brigitte Fossey, che interpretava Elena, la ragazza di cui Salvatore s’innamorava, da adulta (da adolescente ne vestiva i panni Agnese Nano). L’attrice rimane nei titoli di coda, che non è stato possibile rifare per motivi di costi. Sempre per contenere i costi (il budget stava lievitando sui 3 miliardi di lire) molti film citati nella pellicola (compreso il montaggio dei baci nella emozionante scena finale) appartenevano alla library di Cristaldi. Ad esempio il regista avrebbe voluto un frammento di La signora di Shanghai di Welles, ma gli fu chiesto un milione di dollari per 3 secondi di pellicola. Ripensando alle vicende del film forse aveva ragione Fellini (che Tornatore voleva come proiezionista nella scena finale e che rifiutò cortesemente suggerendo al regista di interpretarlo lui stesso) quando, dopo la prima visione, disse a Tornatore: «È un po’ lunghetto, devi tagliare. Il tuo film è un’onda di emozione e le onde di emozione sono pericolose, possono arrivare al pubblico, ma possono anche non arrivare». Quell’emozione per fortuna è arrivata e continua a farlo ancora oggi.