La solitudine è questa, riscoprire Pier Vittorio Tondelli nel doc di Andrea Adriatico

Alla Festa del Cinema abbiamo intervistato il regista de "La solitudine è questa", insieme al co-sceneggiatore Stefano Casi e agli interpreti Tobia De Angelis e Lorenzo Balducci.

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«L’obiettivo era realizzare un film che facesse venire voglia di andarsi a comprare un libro di Pier Vittorio Tondelli», afferma il regista Andrea Adriatico, che dopo il Mario Mieli de Gli anni amari racconta lo scrittore nato a Correggio nel 1955 e morto nel 1991, autore chiave della letteratura postmoderna italiana: ma La solitudine è questa, prodotto da Cinemare con Pavarotti International 23 srl, presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle, non è né una biografia del personaggio né un nuovo affresco del decennio in cui hanno visto la luce le sue opere.

«Io vivo tra Bologna e Roma», spiega Adriatico a Ciak, «essere bolognese e toccare Tondelli significa avere un’enorme offerta di materiali sulla sua vita da gente che lo ha conosciuto. Ma mi sono reso conto che non volevo intraprendere questa strada. Non volevo che fosse l’ennesimo film sugli anni ’80, non riesco a fare queste cose, ci sono altri che sanno farle molto bene, ma a me interessava la struttura linguistica».

«La folgorazione», precisa il regista, «l’ho avuta rileggendo Quel ragazzo, citato nella parte iniziale del film: lì Tondelli si racconta in una maniera talmente perfetta che non avrei assolutamente potuto fare di meglio». «Andrea ha avuto l’intuizione, secondo me formidabile di raccontarlo in un altro modo», aggiunge a sua volta Stefano Casi, sceneggiatore del doc assieme Grazia Verasani e Adriatico, «Gli anni ’80 diventano semplicemente l’ambiente in cui Tondelli sta, e che in qualche modo lo rispecchiano, ma senza tenerlo bloccato lì».

La forza del personaggio, trasversale alle generazioni, viene perciò restituita allora entrando direttamente nelle sue pagine, in un doc on the road dove 7 scrittori commentano una diversa opera di Tondelli, ciascuno in una diversa città legata al percorso artistico e umano dello scrittore. Abbiamo dunque, rispettivamente, Viola Di Grado a L’Aquila per Altri libertini, Alcide Pierantozzi tra Roma e Orvieto per Pao Pao, Alessio Forgione a Rimini per il libro omonimo, Paolo Di Paolo a Milano per il teatrale Dinner Party, Angela Bubba in piazza Tondelli a Correggio per Biglietti agli amici, Claudia Durastanti tra Firenze e Bologna per la raccolta di articoli Un weekend postmoderno e Jonathan Bazzi a Berlino per l’ultimo romanzo dell’autore, Camere separate.

A rievocare alcuni brani dei vari testi, tra lettura e messa in scena quasi brechtiana, abbiamo poi i due attori-intervistatori Tobia De Angelis e Lorenzo Balducci. Una scelta, quella per due interpreti a confronto, che rispecchia la dialettica interna ai lavori dello scrittore: «Lui ha creato un alter ego, Leo», ricorda Adriatico, «e in tutte le sue opere la scrittura è alla terza persona con un alter ego che fa da sfondo primario. È una caratteristica per me molto affascinante del suo stile. La marcatura dell’altro da sé è fondamentale per la sua struttura narrativa».

Non a caso nel doc, sottolinea Casi, malgrado le significative trasformazioni attraversate dalla scrittura di Tondelli «l’impostazione voluta da Andrea ne ha dimostrato la coerenza, in particolare rispetto alla permanenza del tema della solitudine: dell’autore e dell’uomo, e la ritrovi dappertutto, come un filo conduttore che ti fa capire in maniera diversa molte cose».

Il film allora è anche e soprattutto l’occasione, anche per chi già non fosse digiuno della produzione tondelliana, di riscoprirne opere anche sottovalutate, come Pao Pao (dove lo scrittore rielabora l’esperienza del servizio di leva obbligatorio), amata particolarmente sia da Adriatico che dagli attori Balducci e De Angelis, e ripercorsa dal doc tra le mura di una caserma dismessa dismessa dal 2001. «Mi ero già appassionato al testo», racconta Balducci, «ma tutto è stato amplificato dal girare in quel luogo. Non avevo mai visto una struttura così grande non utilizzata».

Anche per De Angelis (in onda questi giorni nella serie Sky Un’estate fa) non nasconde la predilezione per Pao Pao: «Mi ha trasportato in un mondo brutale, quello della Naja, che sono felice di non aver mai fatto, ma ho sentito molto vicina l’esperienza di questo ragazzo che si ritrova in una situazione a metà fra l’essere adulto e l’essere bambino. Se mai si dovesse fare un film su un’opera di Tondelli, mi piacerebbe che venisse fatta su questo».

E però, specifica l’attore, «l’opera di Tondelli che ritengo più importante è Camere separate. L’ho letta mentre stavo affrontando la fine di una relazione e sentire quel lutto, quel vuoto, mi ha demolito più e più volte: lui in qualche modo ha espresso in pieno cosa si prova, da giovani, a perdere qualcuno di così importante. Senza paura di sembrare “sdolcinato” o esagerato, perché è proprio lo stato d’animo di chi vive quella condizione, per cui ogni parola non è mai abbastanza a spiegare cosa stai provando. E credo di aver superato quel periodo grazie a Camere separate: mi ha fatto piangere tante lacrime che forse dovevo piangere. Non so quando sarà in grado di rileggerlo!»