Accolto da grandi applausi e accompagnato dal progetto di un documentario sul cinema horror italiano annunciato dal suo regista, al Festival Internacional de Cine Fantástico di Sitges 2023 scopriamo il nuovo film di Federico Zampaglione, The Well. Una storia della quale lui stesso ha raccontato l’origine e che affonda le sue radici in una tradizione da sempre cara all’artista romano, che qui dirige la ex compagna Claudia Gerini – per la terza volta – e la figlia Linda Zampaglione, affiancate nel cast da Lorenzo Renzi e la Melanie Gaydos di Insidious.
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IL FATTO:
Lisa Gray (la Lauren LaVera di Terrifier 2) è una giovane restauratrice statunitense in viaggio verso Sambuci, piccolo borgo dell’Italia centrale in provincia di Tivoli dove si trova la villa abitata dalla contessa Malvizi (Gerini) e sua figlia (Linda Zampaglione). Lì la aspetta un dipinto medievale che la ragazza dovrà riportare al suo antico splendore, ma anche una maledizione – a esso legata – che non le farà dormire sonni tranquilli. Per lei e per i giovani conosciuti sulla via i pericoli però non sono finiti, un mostro creato e nutrito dal dolore più estremo vive infatti imprigionato sul fondo di un pozzo nei sotterranei…
L’OPINIONE:
Dopo il Morrison del 2021 il The Well presentato a Sitges e in altri festival internazionali è un ritorno alle atmosfere torbide e disturbanti tanto care al regista romano, che dal Tulpa del 2013 – e ancor più dallo Shadow del 2009 – non si dedicava al genere. Ancora una volta scegliendo un’estetica d’altri tempi, alla ricerca di una visione personale in quello che considera un panorama troppo spesso a rischio omologazione.
Encomiabile nelle intenzioni e interessante nella realizzazione, il film sconta però una certa difficoltà a tenere in equilibrio l’omaggio – e una studiata semplicità formale – con la volontà di far coesistere piani, personaggi e sottotrame sviluppate in parallelo per creare un intreccio originale nel quale far convivere momenti di gore cruento, demoni, soprannaturale e thriller psicologico.
Troppa carne al fuoco forse, che rende complicato al regista e sceneggiatore dedicare la stessa cura a tutti gli aspetti, affidandosi ad alcuni elementi particolarmente ben scelti – su tutti il misterioso servo muto interpretato da Lorenzo Renzi e l’inquietante Melanie Gaydos (con una menzione speciale per la piccola figlia d’arte) – ed eliminando rapidamente quelli meno convincenti.
Come in passato, e coerentemente con quanto detto, un plauso va agli effetti prostetici, rispetto a che quelli digitali, e alla costruzione degli ambienti (le gabbie e il pozzo del titolo), nonostante le evitabili scelte iniziali relative al pub locale e alla segnaletica stradale. Ma sono dettagli, che fanno sorridere e nulla tolgono a un film che – pur frettoloso nel finale – a lungo riesce a mantenere la tensione, e a rendere credibile una ricostruzione da horror classico più riuscita che in passato. Che probabilmente avrebbe potuto esser maggiormente incisiva nel ritmo – con qualche taglio, anche delle parti splatter, o un pizzico di dinamismo nelle inquadrature – e nella caratterizzazione dei personaggi secondari.
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Difficile consigliare indistintamente tutti gli altri film precedenti del regista, considerato come il Nero Bifamiliare del 2007 e il Tulpa del 2013 potrebbero non incontrare il gusto degli appassionati di questo genere. Meglio forse recuperare il suo Shadow del 2009, secondo molti ispirato a classici del calibro di Un tranquillo weekend di paura e Non aprite quella porta, o il primo Hostel, che a qualcuno potrebbe venire in mente durante la visione.