LAST MAN ON EARTH

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Declinata nel corso degli anni con toni apocalittici, profetici, ecologisti o antimilitaristi, la fine del mondo è un tema che al cinema non passa mai di moda. Se ne sono occupati, fra gli altri, anche autori come Terry Gilliam, Lars von Trier e Abel Ferrara, senza dimenticare il poetico e disperato The Road di John Hillcot, tratto dal romanzo di Cormac McCarthy.

last man on eatrhLast Man on Earth – che riprende, ma solo nel titolo, un celebre romanzo di Richard Matheson più volte adattato sul grande schermo – si avventura a sua volta nel territorio fine del mondo, trovando una nuova chiave di lettura. A suo favore ha giocato sicuramente la genesi del progetto e gli artisti coinvolti. L’idea è di un attore “spurio”, Will Forte, che ha uno spiccato dna comico (viene dal Saturday Night Live), ma è stato anche ottima spalla di Bruce Dern nell’intimista Nebraska. Accanto a Forte, pure produttore e protagonista, c’è la coppia di registi Phil Lord e Chris Miller, ottimi mescolatori e innovatori del genere cartoon (Piovono polpette e The Lego Movie). Nato come progetto indipendente a basso budget per una tv via cavo Last Man on Earth è stato poi prodotto dalla major Fox, ma non ha perso il suo spirito libero e indipendente.

last man on eatrhNel primo dei 13 episodi da 20 minuti della prima stagione (stasera su Fox alle 23.15), la serie si apre rimarcando una delle regole non scritte del genere: siamo nel 2020, c’è stata una terribile epidemia (nessuna notizia sulle cause, come in The Walking Dead) e il quarantenne Phil Miller torna nella sua Tucson, con la certezza di essere l’unico americano ancora in vita. Da questo momento il trio comincia a giocare a modo suo: niente mostri all’orizzonte, niente survival movie, ma un percorso tragico-surreale di elaborazione del lutto, con Phil che passa dall’euforia della libertà assoluta, alla trasformazione della sua villa e di se stesso in una discarica esistenziale, fino a decidere il suicidio. Uno dei pregi di Last Man on Earth è che corre all’impazzata: chiude un capitolo e subito ne apre un altro, con Phil salvato all’ultimo istante da un fil di Carol (Kristen Schaal), l’ “ultima donna”. Così dal magnifico one man show di Forte, si passa alla convivenza forzata a due – Carol è l’opposto di Phil: razionale, pedante, conformista, amante del decoro e delle regole, e con l’idea che il loro compito sia quello di procreare per salvare la razza umana – e al classico conflitto uomo/donna, come nelle commedie classiche in stile Tracy-Hepburn. Decisamente non male. E non è che l’inizio, perché altri umani (e altri cambi di ritmo e di senso) sono all’orizzonte.

Stefano Lusardi