ROMAFF11: È IL GIORNO DI MERYL STREEP CON “FLORENCE FOSTER JENKINS”

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Siamo negli anni ’40, a New York City, le luci di Broadway brillano più forti che mai. Cantanti, attrici, artisti di ogni genere e qualità intasano i palchi dei teatri, in cerca di fiori, applausi, successi. Tra loro c’è anche una certa Florence Foster Jenkins che, però, non ha nessuna attitudine al canto, anzi, è stonata come una campana. Piccolo dettaglio: lei, sicurissima di se e sempre con il sorriso sul volto, non sa di esserlo: è certa di essere un’eccellente soprano. Nonostante questo, al seguito, ha un nutritissimo pubblico, con i critici che nicchiano senza troppo sbilanciarsi. Al suo fianco, il suo compagno e manager St. Clair Bayfield che, non senza sforzi, riesce ad organizzarle uno storico concerto al prestigioso Carnegie Hall, tenutosi il 25 ottobre 1944. Una storia tanto bizzarra da essere incredibilmente vera e, si sa, le true story, al regista Stephen Frears, sono sempre piaciute. Infatti, dopo aver diretto i biopic The Queen, Philomena e The Program, il regista britannico si concentra sulla vicenda della Jenkins, scegliendo per il ruolo la tre volte premio Oscar Meryl Streep. Al suo fianco troviamo Simon Helberg (per un attimo lontano dal ruolo di Howard Wolowitz in The Big Bang Theory) e un sempre eccezionale Hugh Grant, che veste i panni di Clair Bayfield.

Programmato per l’uscita nelle nostre sale al 22 dicembre, il film è stato accompagnato alla Festa del Cinema di Roma proprio da Meryl Streep, accolta da un vero e proprio tripudio, raccontandoci qualcosa di più sia su cosa voglia dire per lei essere un’attrice, sia cosa si nasconde dietro il personaggio di Florence, iniziando da un elemento chiave: la passione. «Il film parla di passione, di passione per l’uno per l’altra, passione per il lavoro, passione per l’amore», commenta la Streep, «Passione per ciò che ci sostiene. Cantare senza passione credo sia il peccato più grave, certo, cantare senza talento non è il massimo, però può essere divertente!».

Se i personaggi reali sono i più complessi da interpretare, Meryl il suo lo ha preparato così: «Non ho mai interpretato un ruolo del genere a dire la verità, ho cercato di raccontare la voce che Florence sentiva nella sua testa…». La Jenkins, durante la sua ”carriera”, in un certo modo è sempre stata protetta dalle recensioni negative. E, a tal proposito: «Non leggo le recensioni, perché magari nascondono un’imboscata. Alcune volte sono stata protetta dalle critiche ma solo dalle persone che mi vogliono bene. Mio marito per esempio dice solo che sono brava…». A proposito del suo essere un’icona, Meryl Streep ha risposto nella maniera più modesta possibile: «Avvolte mi libero da quest’aurea che mi precede, così posso lavorare con gli altri e per gli altri. Perché la recitazione è legame, unione. I muri non sono un bene, mai. Pure Hugh Grant ha detto che aveva paura di lavorare con me, ma penso lo disse per mettermi a mio agio!». Continua poi l’attrice: «Che potrei dirvi, in età matura un attore si può sviluppare di più! Fare cinema, adesso, significa la stessa cosa di quando ho iniziato. Tutti i miei personaggi hanno la stessa importanza. Non percepisco un calo di entusiasmo, amo la recitazione, in Florence voglio difendere questa donna, voglio parlare di lei. Tutte meritano un proprio posto nel mondo. Ai miei tempi a 40 anni scomparivi, adesso ci sono molte più opportunità, e la tv ha spalancato tante porte. Un’attrice che stimo? Dico un nome: Alba Rohrwacher, bravissima».

Quando gli chiediamo se ha mai pensato di mettersi dietro la macchina da presa, risponde così: «Alcuni registi direbbero che ci ho già provato! Scherzi a parte, non ho mai sentito la necessità di essere una regista, ammiro chi lo fa, ma io ho sempre amato recitare, senza avere un punto di vista globale. Immagino di avere vite e sentimenti diversi. È una cosa che ho provato fin da ragazzina, quando mi chiedevo come sarebbe potuto essere mia nonna. Mi truccavo con le rughe sul volto. Definirei tutto ciò curiosità. E quando immagini il dolore o la gioia di qualcun altro, forse, capisci qualcosa in più di te». Essere attori vuol dire illudersi e illudere e, appunto, l’illusione stessa per Florence Foster Jenkins, forse, è stata la linfa vitale. «I film sono un illusione», conclude, umoristicamente, Meryl Streep, «Le illusioni ci servono, altrimenti vivremmo in un mondo di documentari, e mica vogliamo ammazzarci! L’illusione diventa arte, si trasforma in qualcosa che non ha tempo».