ROMAFF11, “MARIA PER ROMA”: UNA VITA IN BILICO

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Ventiquattro ore nella vita di Maria (Karen Di Porto), giovane donna seguita nelle sue peregrinazioni in scooter in giro per Roma, dalle prime luci del giorno a tarda notte, accompagnata dalla sua cagnolina e fidata amica Bea. Una vita divisa tra teatro, provini cinematografici e un lavoro, la key-holder che consiste nell’accogliere turisti nei lussuosi appartamenti affittati nel cuore di Roma. Un’esistenza caotica, in perenne equilibrio, schiacciata da frustrazioni, speranze e umiliazioni, nella quale incontra umanità agli antipodi, tra l’indifferenza altrui e il calore di volti amici. «L’idea film ha una base autobiografica. Per un periodo della mia vita ho fatto anch’io la key-holder», confida la neo-regista, «Era una vita bizzarra, delirante, e proprio alla fine di una giornata terrificante come quella della protagonista, ho capito che c’erano gli elementi per una storia che poteva contenere anche altro e che raccontava di una continua frammentazione dovuta alla natura stessa della lavoro». Una commedia agrodolce questo ”piccolo” Maria per Roma, che tra check-in ai turisti e le tanto agognate callback dei registi vede Roma testimone silenziosa e noncurante della quotidianità in perenne affanno di Maria. «Sono molto contenta dell’aspetto di Roma nel film per la combinazione di freddezza e calore che trasmette. La sua è una bellezza quasi di ristoro nelle difficoltà che affronta. L’ho messa sullo sfondo volutamente, come se fosse di passaggio».

Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, un altro esordio nostrano alla regia nella selezione ufficiale della Festa del Cinema«Ero sola quando l’ho saputo», ricorda la Di Porto, «È il film che volevo fare con le persone con le quali volevo lavorare. Sono stata sostenuta in questo e mi rendo conto dell’enorme opportunità datami dalla Festa» – che, sebbene non abbia l’impatto visivo e narrativo del film con protagonista il supereroe di borgata, Enzo Ceccotti, ha il merito di raccontare, senza vittimismo, la condizione di incertezza nella quale si trova chi vorrebbe vivere d’arte. «Ho voluto raccontare l’assenza sotto un duplice aspetto: economico e psicologico», racconta la regista/attrice, «per mostrare che partendo da una base di illusione non si può afferrare niente». Una pellicola low budget nella quale non spiccano nomi conosciuti nel cast e che si evolve on the road, attraversando la città eterna come tappe di un percorso di crescita e disillusione della sua protagonista. «Una delle maggiori difficoltà è stata proprio relativa alla struttura, oltre alla mancanza di attori celebri» sottolinea Karen Di Porto, «Mi si diceva di alzare la posta ma ho lottato contro questo e mi sento molto fortunata perché Gallieno Muso è stato l’unico produttore che non mi ha chiesto nomi noti. La mia è una pellicola indipendente, realizzata anche grazie alla generosità degli affetti seminati in questi anni».