Sergio Martino, “regista trash emerito”: Premio alla Carriera al Trieste Science+Fiction

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Nel solco della tradizione di Trieste Science + Fiction Festival di omaggiare i grandi del cinema fantastico made in Italy (da Dario Argento ad Antonio Margheriti, Enzo G. Castellari, Mario e Lamberto Bava), il Premio Urania d’Argento è assegnato quest’anno a Sergio Martino, “regista trash emerito” come si autodefinisce.

Romano, classe 1938, fratello del produttore Luciano, Sergio Martino ha veramente attraversato, dal 1969 (Mille peccati…nessuna virtù) al 2012 (il televisivo Il paese delle piccole piogge), tutti i generi cinematografici. Le biografie parlano di “66 regie, 44 sceneggiature, 5 film da direttore di produzione” (riporta il critico Ernesto Gastaldi). Impossibile dunque non essersi imbattuti mai in almeno uno dei suoi avventurosi e brillanti (spesso anche talentuosi per la capacità di trovare soluzioni narrativamente valide con i budget più risicati) lungometraggi: dal giallo (il conturbante Lo strano vizio della signora Wardh, 1971, trampolino di lancio per Edwige Fenech o Tutti i colori del buio, 1972) al poliziottesco (citiamo almeno Milano trema: la polizia vuole giustizia, 1973 e La città gioca d’azzardo, 1975), dalla commedia sexy (Giovannona coscialunga disonorata con onore, 1973, Spogliamoci così senza pudor, 1976) a quella diventata oggi oggetto di cult (Occhio malocchio prezzemolo e finocchio, 1983, L’allenatore nel pallone, 1984). E poi le avventure esotiche di La montagna del dio cannibale (1976) e – per ritornare al tema che ci interessa qui – anche incursioni coronate da grande successo nel fantastico, da L’isola degli uomini pesce, 1979, a 2019 dopo la caduta di New York, 1983 riproposto proprio qui al Festival come film omaggio, e il successivo Vendetta dal futuro, 1986.

Insomma, già a citarne solo alcuni, è evidente la versatilità di un cineasta che sa divertirsi, dalla biografia avventurosa (le storie riportano che solo per divergenze produttive non diresse un film con Bruce Lee a Hong Kong nel 1973), decisamente snobbato dalla critica nazionale ma amatissimo (ed è questa una sua personale rivincita) dai registi “stranieri” di oggi, funamboli del cinema postmoderno che attraversa i generi: Tarantino sopratutto (che ha utilizzato, anche a omaggio, brani di colonna sonora dai suoi film o Eli Roth e Jaume Balaguerò). Tra l’altro, news di questi giorni, è anche autore di una autobiografia, Sergio Martino: Mille peccati nessuna virtù? (dalla sua opera di esordio, Bloodbuster ed.), ricca di gustosi aneddoti che verrà presentata proprio qui a Trieste per l’occasione.

2019

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