Air, la recensione del film di Ben Affleck sulla nascita di una leggenda

Pur sullo sfondo, è Michael Jordan la star de La storia del grande salto

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Air

Dopo i complimenti e l’endorsement di Paul Thomas Anderson, e un generale apprezzamento, arriva in sala Air – La storia del grande salto di Ben Affleck con Matt Damon, Viola Davis e Jason Bateman. Al cinema dal 6 aprile, distribuito da Warner Bros. Pictures, il film nasce dalla sceneggiatura di Alex Convery, inserita nella Black List del 2021 e acquistata da Amazon Studios. Un capitolo noto della storia della leggenda Michael Jordan, protagonista assoluto pur senza apparire mai.

 

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IL FATTO:

Difficile conquistare testimonial importanti e rilanciare l’immagine della Nike di Phil Knight (Affleck) per l’anticonformista Sonny Vaccaro (Damon), a meno di non trovare una scappatoia, anche a costo di non rispettare le regole dell’NBA e del mondo di agenti e procuratori sportivi. Una scommessa, nella quale vengono coinvolti il Vicepresidente Marketing Rob Strasser (Bateman) e il suo collega Howard White (Chris Tucker), che nasce dal consiglio ricevuto da George Raveling (Marlon Wayans), uno degli allenatori di Jordan alle Olimpiadi del 1984. Ma che nonostante l’agguerrita opposizione dell’agente del giocatore David Falk (Chris Messina) lo portò a incontrare i genitori di ‘Magic Mike’, Deloris (Viola Davis) e James Jordan (Julius Tennon) e a rivoluzionare il mondo dello sport professionistico con il lancio del marchio ‘Air Jordan’.

L’OPINIONE:

Dopo Quando e Tetris, non si ferma la carrellata nostalgica che riporta in auge gli anni ’80 e tutto ciò che ancora lega a quell’epoca diverse generazioni. E più, come nel caso del film di Ben Affleck, dedicato a un momento chiave della storia di un campione unico come Michael Jordan, ma anche della pallacanestro e dello sport professionistico in generale. Una sfida nella sfida, la scelta di sviluppare la vicenda intorno a un fulcro costantemente assente, che il ‘Magic Mike‘ dei sogni di tutti non è mai mostrato esplicitamente, escamotage facilmente comprensibile e forzatamente originale che in alcuni casi condiziona i comportamenti dei personaggi intorno al ‘fantasma’ (qui quasi un mcguffin) peccando di credibilità. Scelta, per altro, che toglie un po’ di mordente a una costruzione per il resto ben orchestrata e sostenuta dalle figure portate sullo schermo dal cast, pure ridotto all’essenziale. Il concatenarsi di singoli episodi, incontri, conversazioni, ci porta nel piano del geniale Sonny Vaccaro e finisce per coinvolgerci emotivamente negli aspetti umani della “scommessa” di tutto il team Nike, dal quale non a caso il regista tende a tenersi ai margini, forse anche per non togliere la ribalta ai veri esecutori di quel miracolo che fu la creazione delle ‘Ari Jordan’ e del fenomeno stesso, malgrado il dominio di Adidas e Converse sul mercato dell’epoca. Importante in tal senso non trascurare il direttore creativo della Nike Peter Moore di Matthew Maher (Mozart in the Jungle, Captain Marvel), vero genio al quale dobbiamo anche il Jumpman del logo, in secondo piano rispetto altri grandi nomi del cast. Nel quale spicca la Deloris Jordan di Viola Davis, indicata dallo stesso Jordan  per il ruolo di sua madre, e protagonista – con Matt Damon – di un paio di scambi capaci da soli di impreziosire il film ed elevarlo. Una colonna sonora carica di hit dell’epoca e qualche chicca (come quella sull’origine del motto “Just Do It” o il racconto di un mondo dello sport ‘gestito’ dalle madri degli sportivi e non ancora dalle loro fidanzate o mogli) fanno il resto permettendo a questo Air – La storia del grande salto di offrire qualcosa di più della solita retorica alla Sogno Americano/chi non risica non rosica/la fortuna aiuta gli audaci o, per citare il film, “Sei ricordato per le regole che infrangi”.

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Impossibile non partire dal One Man and his Shoes: Le scarpe della leggenda su Prime Video, nel quale si affronta lo stesso aspetto della storia messa in scena da Ben Affleck, anche se imperdibile è sicuramente il The Last Dance su Netflix per conoscere meglio la parabola e la costruzione del mito di Michael Jordan. Quanto al mondo che circonda certi campioni dello sport professionistico – soprattutto statunitense – potrebbe essere l’occasione di recuperare il Tom Cruise di Jerry Maguire e il Di nuovo in gioco con Clint Eastwood.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
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