Ariaferma, il film di Leonardo Di Costanzo da oggi su Prime Video e Sky Cinema

Toni Servillo e Silvio Orlando per la prima volta insieme sullo schermo.

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Ariaferma
Credits: Gianni Fiorito

Dopo la presentazione con grande successo nella sezione Fuori Concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e il passaggio in sala a partire dal 14 ottobre, Ariaferma di Leonardo Di Costanzo approda a partire dal 7 gennaio su Amazon Prime Video, NOW e in prima visione su Sky Cinema Due.

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Leonardo Di Costanzo, che non aveva mai diretto attori professionisti, ha deciso di far recitare insieme per la prima volta Toni Servillo (vincitore, grazie a questo film e a È stata la mano di Dio e Qui rido io, del Superciak d’oro 2021) e Silvio Orlando, affiancati tra gli altri da Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto de Francesco e Pietro Giuliano.

«Da tempo riflettevo su temi come la risoluzione della colpa e la punizione – ha raccontato il regista – ma ho deciso di fare il film solo quando ho visto lo spettacolo nato grazie a un laboratorio teatrale di Mimmo Sorrentino, con donne detenute in un carcere di massima sicurezza, da cui poi Bruno Oliviero, co-sceneggiatore di Ariaferma insieme a Valia Santella, ha realizzato il documentario ‘Cattività‘. Le protagoniste sono donne con colpe gravi, impegnate in monologhi in cui raccontano le une e le storie delle altre, permettendoci di avvicinarci alla loro vita. Il film è dunque il risultato di un lungo lavoro fatto in precedenza, dall’incontro con persone che il carcere lo abitano. Non solo i criminali, ma anche i direttori e i guardiani che, lontano dall’essere ‘questurini‘ o grigi esecutori, hanno dimostrato una grande capacità di elaborazione teorica sul proprio ruolo, ipotizzando soluzioni diverse alla questione carceraria. In quei luoghi la differenza tra bene e male è molto labile, sembra quasi un caso che ci si trovi da una parte o dall’altra della gabbia, e noi abbiamo colto un grande bisogno di parlare e di raccontarsi. È necessario un ripensamento profondo del sistema, di una vera e propria rivoluzione che si interroghi sulle risposte da dare alle colpe».

ariaferma
Credits: Gianni Fiorito

E a proposito della magnifica scena della cena, che rimanda a una dimensione evangelica, ricca di compassione e condivisione tra persone che neanche si parlano e che progressivamente si avvicinano, continua: «Negli incontri che hanno coinvolto agenti, direzione e qualche detenuto, era facile che si creasse uno strano clima di convivialità, in cui si faceva quasi a gara nel raccontare storie e si rideva anche. Poi, al termine delle nostre conversazioni, tutti rientravano nei rispettivi ruoli e gli uomini in divisa, chiavi in mano, riaccompagnavano nelle celle gli altri, i detenuti. Di fronte a questo drastico ritorno alla realtà, noi che venivamo dall’esterno avvertivamo un forte spaesamento che ha guidato la realizzazione del film: Ariaferma non racconta le condizioni delle carceri italiane, ma l’assurdità del carcere».

Salvatore Striano, uno degli attori, che detenuto lo è stato per davvero, definisce le carceri delle “discariche sociali”, dove i colpevoli diventano vittime in un luogo che non guarisce, ma anzi, acuisce i conflitti, e dove è altissimo il numero annuale di suicidi. Inizialmente i ruoli affidati a Servillo e Orlando, divenuti grandi amici, erano invertiti: il primo avrebbe dovuto interpretare il carcerato e il secondo il guardiano. «Ho pensato però che sarebbe stato troppo comodo per loro, e di sicuro già visto», spiega il regista. «Quando Leonardo mi ha mandato il copione non mi ha detto quale ruolo avrei interpretato e ho pensato che mi avrebbe affidato quello della guardia carceraria, più vicino alle mie corde attoriali – commenta Orlando – invece mi ha assegnato il ruolo del detenuto e su questa piccola, grande scomodità si è giocato tutto il film per me».

Leonardo Di Costanzo e Toni Servillo sul set di Ariaferma

Servillo: «Non interpretare i personaggi che potevamo avvertire come più prossimi alla nostra esperienza ha creato una difficoltà, ma ha anche evitato che ci accomodassimo nei rispettivi ruoli con atteggiamento routiniero. Abbiamo avuto un periodo di lunghe letture a tavolino, proprio come a teatro. Se fossimo stati davvero sul palcoscenico sarebbe stato interessante e divertente scambiarsi i ruoli a ogni replica, proprio per sottolineare che parliamo di una sofferenza comune. Chi amministra un potere oggi vive una conflittualità forte tra responsabilità e compassione. Il film racconta una sorta di Fortezza Bastiani, per citare Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, luogo di tragiche lotte di uomini contro.»