Cattiva coscienza, intervista a Davide Minnella e Filippo Scicchitano

Contaminazione di generi, gioco sul tono e coscienze scrupolose. Il regista e l'attore protagonista di Cattiva Coscienza ci parlano del film, nelle sale dal 19 luglio.

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«Vado a cercare progetti dove c’è una commistione di generi, sapendo che a volte mi complico la vita da solo». Che a Davide Minnella piacesse sperimentare con toni e generi diversi lo avevamo notato lo scorso anno con La cena perfettala commedia romantica gourmet con Greta Scarano e Salvatore Esposito della quale ci aveva parlato lui stesso (qui per recuperare l’intervista). A distanza di un anno Minnella torna con Cattiva coscienza, un’altra commedia, sempre romantica ma stavolta con forti sfumature fantastiche, che prova a portare la commedia italiana in territori non troppo battuti dall’industria nostrana.

La scommessa è stata quella di calare un presupposto fantastico – le Coscienze esistono e vivono in una dimensione parallela in cui si occupano di noi a distanza – dentro una commedia sentimentale contemporanea, umana e dai sapori vagamente indie. A fare da cornice alla storia una Roma molto urbana e periferica, a tratti “sporca”, fondamentale, come ci ha spiegato Minnella, per lavorare sul tono del film: «Non volevo una Roma da cartolina, quindi mi sono allontanato il più possibile da quell’immagine lì. Volevo che la coscienza di Otto sulla terra incontrasse il frastuono, il rumore, la sporcizia. Mi piaceva l’idea di buttare uno che è abituato a mettere ordine nella vita delle altre persone in un mondo dove l’ordine non esiste. Era una sfida. Il tono di un film lo puoi trovare con diverse cose, con la recitazione, con le musiche e soprattutto con l’ambientazione. C’è stato un lavoro preciso». 

Un lavoro preciso che è stato fatto anche con gli attori in scena per mescolare i generi fantastico/romantico: «Quando vai ad unire due generi differenti diventa tutto più complicato perché non puoi caricare tanto, lavorando con toni diversi dal punto di vista di messa in scena e di regia. La richiesta che ho fatto agli attori è stata quella di lavorare tanto sullo stato emotivo del personaggio. Ho chiesto a tutti loro di non caricare ma di lavorare molto sulla scena. Sono dell’idea che la commedia debba far ridere chi la vede e non chi lo fa».

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Non è da escludere che un pizzico di divertimento l’abbia provato Filippo Scicchitano nel veder trasposta, nel corpo di Francesco Scianna, la sua Coscienza, così perfetta e scrupolosa, a tratti vicina alla sua, ma non del tutto, come ci spiega: «Come tutti, anche io ascolto sempre la vocina nella mia testa. La mia coscienza assomiglia molto a quella del Filippo personaggio. La paura del giudizio, di cosa è giusto e sbagliato… sono domande che mi pongo spesso. La vera differenza è che Filippo esaspera tutto questo, lo rende poco sano. Ha una coscienza troppo scrupolosa che gli ricorda di essere impeccabile 24 ore su 24»

Continua qua sotto con l’intervista completa:

 

Cattiva coscienza, intervista a Matilde Gioli e Francesco Scianna