Diabolik, l’intervista di Ciak a Luca Marinelli

Luca Marinelli arriva al cinema nella iconica tuta nera di Diabolik, il celebre ladro mascherato della serie a fumetti, sempre a caccia di gioielli e innamorato di Eva Kant

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Credit: Antonello Montesi

Lo aspettavamo da tanto il suo Diabolik. A due anni dalla fine delle riprese, il 16 dicembre, arriva finalmente sugli schermi con 01 Distribution il film dei fratelli Manetti che vede nei panni del ladro mascherato Luca Marinelli. E al suo fianco Miriam Leone nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea in quelli dell’ispettore Ginko. Marinelli, che nel frattempo è stato impegnato nelle riprese di Otto montagne di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, dal romanzo di Paolo Cognetti, racconta a Ciak come ha lavorato per dare corpo e anima a una delle grandi icone del fumetto mondiale.

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Sei stato o sei un lettore del fumetto?

L’ho letto perché l’ho sempre trovato in ogni casa che ho frequentato da bambino. C’era un Diabolik ovunque e lo conoscono tutti. Ci ho pensato proprio quando mi hanno detto che avevo ottenuto il ruolo. In realtà ho sempre amato i fumetti: da piccolo leggevo Topolino, poi è arrivata la passione per Dylan Dog.

Cosa ti affascina di questo personaggio?

Molte cose mi hanno spinto a “trovare” Diabolik. Tutti sanno com’è fatto, cosa dice, anche se nessuno sa come parla veramente fumetti non hanno voce. Ognuno ha un’immagine precisa di lui, ma io l’ho affrontato come tutti gli altri ruoli della mia carriera. Mi hanno affidato un personaggio e io sono andato a prendermi le cose che più mi hanno emozionato. Mi piace il fatto che sia così silenzioso e di un’intelligenza estrema, un antieroe, ma leale, con un suo codice di comportamento. C’è un numero sull’incontro tra Diabolik ed Eva Kant, ma anche quello sulle origini di lui, dove si racconta chi è e da dove viene. Scopriamo che è cresciuto su un’isola popolata da fuorilegge e c’è un momento in cui incontra una pantera.
Una pantera che terrorizza tutti, ma lui non la teme e lei lo risparmia. Tra loro c’è questo lungo momento di silenzio e di scambio. Mi ha riportato alla memoria il mio primo incontro da bambino con gli animali selvatici, sebbene in cattività, con il leone, la pantera. Ricordo i loro occhi, il loro respiro, suoni che non avevo mai udito prima, fortissimi, che mi spaventavano e affascinavano al tempo stesso.

Il nome di Diabolik è indissolubilmente legato a quello di Eva Kant.

Hanno un rapporto davvero speciale, donna fortissima, Diabolik è nulla senza di lei. Ed è bello che questo rapporto sia nato negli anni Sessanta dalla penna di due donne, le sorelle Giussani, molto attive anche politicamente e impegnate nella campagna a favore del divorzio. La figura di Eva Kant è imprescindibile, e Diabolik se ne innamora perdutamente. Tra loro c’è amore, amicizia, complicità, condivisione. Possono essere se stessi solo quando sono insieme, mentre quando escono allo scoperto devono necessariamente assumere altre identità. E hanno questo luogo bellissimo, sul mare, nel quale rifugiarsi insieme.

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Interpreti un’icona che sopravvive a decenni e generazioni. Era più la paura o l’entusiasmo?

È stata una sfida molto interessante. Ho saputo che c’era questo progetto nelle mani di Marco e Antonio Manetti, con i quali volevo lavorare da tempo e che seguo da Zora la vampira. Sono stato felicissimo di avvicinarmi attraverso un provino, mettendomi alla prova. Il provino è stato un momento bellissimo in cui ho capito su che cifra avremmo lavorato. Io ho portato le mie idee, i Manetti avevano le loro, ma alla base c’era una linea comune. Certo che interpretare un’icona come Diabolik, che a breve compirà 60 anni, può spaventare, anche perché io neanche ci assomiglio, ma è molto stimolante lavorarci su. Mi piace accostarmi a un personaggio con una idea mia, collaborando strettamente con tutti i reparti coinvolti nella caratterizzazione.

E come è andata?

Mi sono divertito moltissimo. Sono andato molto prima a Bologna, sono entrato nella grande, meravigliosa famiglia dei Manetti, ho fatto un lavoro sul corpo perché Diabolik deve avere un bel personale, e poi salta, combatte ed è atleticamente pronto. Anche trovare la tuta giusta è stato divertente. Diabolik ne indossa una fatta di materiali che non esistono, è una sorta di seconda pelle colorata di nero. Ho studiato il personaggio da diversi punti di vista, confrontandomi con gli altri, facendo delle prove. Il periodo della preparazione è stato davvero bello.

Credits: Davide Pippo

Ha visto o rivisto il Diabolik di Mario Bava?

Ho visto alcune scene, che mi sono piaciute molto, anche perché Bava si è sentito davvero libero. Diabolik infatti indossa una giacca di pelle e dei jeans. Mi piace quell’estetica, il suo modo di muoversi e guardare, ma c’era già il fumetto e ho preferito concentrami su quello.

Diabolik è un ladro che combatte contro le banche e le persone che si sono arricchite in modo illecito. Parliamo di giustizia sociale?

Non andrei su questi temi. Sicuramente si scontra con l’alta società e con le banche, ma in realtà se c’è un gioiello poco dopo ci sarà anche Diabolik. Mi sono fatto delle domande su questa sua dedizione al furto e mi sono anche dato delle risposte, ma preferisco tenerle per me perché è giusto che il pubblico si faccia le proprie idee.

E il lavoro con Miriam Leone e Valerio Mastandrea?

Ricordo i primi incontri, divertentissimi, le nostre letture con i Manetti nel loro ufficio a Bologna. Eravamo così eccitati all’idea di raccontare questa storia che siamo entrati subito in quel mondo. Condividere la scena con loro, vederli costruire i loro personaggi, è stata una bellissima esperienza. Con Valerio è stato difficilissimo rimanere seri, non riuscivamo a guardarci negli occhi senza ridere, soprattutto quando lui mi diceva “mani in alto!” e io “maledizione!”. Per alcuni ciak c’è voluto un po’ di tempo perché riuscissimo a rimanere seri. Anche con Miriam ci sono state molte scene divertenti, come quella in gommone, a Trieste, mentre correvamo a tutta velocità sul mare, nel buio. Una gran paura e tanto freddo! E poi ci sono tanti ruoli meravigliosi, interpretati da bravissimi attori, come ad esempio Claudia Gerini che vedrete in un cameo geniale. Tutti insieme abbiamo creato questo mondo fantastico.

Che registi sono stati i Manetti?

Loro sono anime molto belle, persone oneste, registi appassionati che amano quello che fanno e sono molto aperti a qualunque tipo di proposta. I film si fanno insieme e sul set ci sono stati una forte energia e un grande spirito di condivisione.

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