Aspettando l’Oscar: Birdman, perché rivederlo

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In attesa della 90a edizione dei Premi Oscar, il 4 marzo, su Rakuten TV – una delle principali piattaforme di Video-On-Demand in Europa con il più ampio catalogo in 4K HDR per Smart TV – arriva una selezione delle migliori pellicole che si sono aggiudicate gli ambiti premi negli ultimi anni. Tra i titoli scelti c’è Birdman (2014) di Alejandro G. Iñárritu con Michael Keaton, Edward Norton ed Emma Stone, vincitore di 4 statuette nel 2015 e un vero colpo di fulmine per noi di Ciak.

Ecco perché vale la pena di rivederlo:

Nell’epoca del sovraffollamento di supereroi nei cieli fasulli del cinema contemporaneo, Birdman è un magnifico shock percettivo e di coscienza sulla crisi identitaria di un personaggio, di un uomo ma anche sul senso della messinscena filmica e teatrale.

Michael Keaton, ex Batman attempato – o Birdman nella finzione – è stato per eccellenza l’eroe dal volto comune che acquisiva forza dietro una maschera e un mantello scuro (il becco e le ali piumate in Birdman). La sua voce era quella sussurrata poco enfatica (a differenza delle corde vocali cavernose e irreali di Christian Bale) di un uomo in cerca di giustizia e di sé. Iñárritu ce lo restituisce in piena crisi identitaria, attraverso un flusso di coscienza vertiginoso e accessibile (in parte analogo al graphic novel Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller).

Lo seguiamo dalla meditazione iniziale mentre fluttua nell’aria e ci fa sentire addosso il malessere della propria esistenza, fino al palcoscenico di Broadway in cui sta allestendo un adattamento del racconto Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Raymond Carver. L’ombra del proprio personaggio sempre addosso, come un pupazzo piumato, scimmia sulla spalla che non si può scrollare via.

Un cast strepitoso (dal protagonista ai comprimari: il collega di palco Edward Norton e la figlia ex tossica Emma Stone), e una regia unica, spiazzante delirio a occhi aperti. Birdman è un potente cortocircuito tra vero e falso, vita e palcoscenico/schermo. Recitano gli splendidi titoli d’apertura carveriani, jazzati e scomposti: «Cosa volevi?» «Dirmi amato, sentirmi amato sulla terra.». Seguiamo all’ultimo respiro la metamorfosi umana e malinconica del protagonista come fosse qualcosa che conosciamo ma vedevamo con altri occhi.

Luca Barnabé