Addio ad Anna Karina, la musa di Godard

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Anna Karina, l’attrice danese icona della Nouvelle Vague anche come moglie di Jean-Luc Godard, è scomparsa oggi   a 79 anni. Ecco i suoi tre ruoli cult da recuperare

DI MASSIMO LASTRUCCI

Due occhi luminosissimi che sono ancora capaci di emozionare, in un corpo non ancora angariato dall’età: Anna Karina (vero nome Hanna Karin Blarke Bayer, nata in Danimarca a Solbjerg il 22 settembre 1940) è apparsa In Italia l’ultima volta nel 2016 al Bergamo Film Meeting, ancora circondata dall’aura di quella irripetibile stagione cinematografica chiamata Nouvelle Vague, protagonista di un omaggio di 12 film organizzato dal Festival.

Anna Karina e Jean-Luc Godard
Anna Karina e Jean-Luc Godard

Come moglie di Jean-Luc Godard, dal 1961 al 1968 (si sarebbe poi sposata altre due volte), ha recitato per lui in 8 film, tra quelli fondamentali della sua filmografia e del periodo: da Le petit soldat (1960) a Una storia americana (1966), passando per La donna è donna (1961, con lei premiata al Festival di Berlino), Questa è la mia vita (1962), Bande a part (1964), Agente Lemmy Caution missione Alphaville (1965), Il bandito delle undici (1965). Ma come era lavorare con una personalità certamente complicata come quella del rivoluzionario autore? «Jean-Luc era un regista molto fisico e questo nessuno lo immagina. Persino atletico sul set. Noi allora ci divertivamo, facevamo cose, quasi senza riflettere (si sta parlando di un’età allora che andava dai 20 ai 35 anni al massimo). Dovete pensare che quel tipo di cinema era odiatissimo. Non aveva il successo e la considerazione che ha oggi. Con lui non c’era una sceneggiatura definita, arrivava con i testi da recitare ogni mattina che aveva appena scritto e noi provavamo tantissimo. Perché era esigente ».

E con l’intelligenza di una disponibilità attiva e con la fortuna di un appeal molto particolare, già moderno, lontano dalle quasi contemporanee donne-donne all’italiana (Loren e Lollo), più simile forse alla imprevedibilità inquietamente sexy di una Bardot o alla impertinente energia di una Jeanne Moreau (a sua volta legata alla NV grazie a Truffaut), Anna Karina, la ex modella lanciata da Coco Chanel, mostrò una straordinaria duttilità anche diretta da altri autori; tra cui Zurlini (Le soldatesse), Rivette (Suzanne Simonin la religiosa, per molti la sua interpretazione più importante), Visconti (Lo straniero), Tony Richardson (In fondo al buio), Cukor (Rapporto a quattro), Fassbinder (Roulette cinese). Col tempo la sua carriera si è allargata al canto (con ottimi risultati, vedi Anna con Serge Gainsbourg), al teatro, alla letteratura (quattro i suoi romanzi), alla regia (Vivre ensemble, 1973).

il bandito delle 11Ecco 3 delle sue interpretazioni da culto

IL BANDITO DELLE 11 (1965). Di Jean Luc Godard. Con A.K., Jean-Paul Belmondo. Stufo e stizzito dal suo noioso menage familiare, Ferdinand Griffon ritrova casualmente una sua ex amante, ora babysitter. Riallaccia i rapporti, giusto per precipitare in una furibonda crime story. Sulle tracce della ragazza infatti si muovono due killer collegati ai servizi segreti. Ricorda Godard: “L’inizio era organizzato, la fine no. Fu come un happening controllato, con le riprese effettuate quasi come ai tempi di Mack Sennett”.

suzanne simonin la religiosa

SUZANNE SIMONIN LA RELIGIOSA (1966). Di Jacques Rivette. Con A.K., Micheline Presle. Francia, 1700. Relegata in convento dai genitori, Suzanne si rifiuta di prendere i voti, andando incontro a ogni serie di crudeltà e nefandezze. Da un romanzo anticlericale di Diderot, una trasposizione tanto rigorosa quanto inevitabilmente votata a fare scandalo. La Karina aveva recitato in teatro nel 1962 lo stesso testo, regia dello stesso Rivette, ottenendo un Prix de la Revelation da parte della stampa. Sullo schermo fu ugualmente magnifica.

 

Rainer_Werner_Fassbinder_roulette cineseROULETTE CINESE (1976). Di Rainer Werner Fassbinder. Con A.K., Margit Carstensen. Mentendosi reciprocamente, una coppia sposata si ritrova nella casa di campagna assieme ai rispettivi amanti. Non solo: ai quattro si aggiunge anche la figlia disabile. Comincia così, inizialmente per rilassarsi dall’imbarazzo della situazione, uno spietato gioco al massacro di rivelazioni scomode e crudeltà. La prima (e costosa) coproduzione internazionale del grande e tormentato cineasta tedesco, ricca di virtuosismi fotografici (di Michael Ballhaus) e narrativi.