Sono passati ormai sei anni dall’ultimo film di Nicolas Winding Refn. Il regista danese, diventato di culto per il grande pubblico grazie a Drive, dopo il fashion horror The Neon Demon, presentato a Cannes nel 2016, ha deciso di esplorare il formato seriale. Una sfida già affrontata, diluita nel tempo, con la trilogia cinematografica di Pusher, noir ambientato nel sottobosco criminale di Copenaghen. Dopo le dieci puntate di Too Old to Die Young, è proprio nella capitale danese e sua città natale che torna Refn, per raccontare le avventure di Miu, una ragazza misteriosa che dall’Europa dell’est viene comprata dalla sorella di un boss della mafia albanese. Miu ha dei misteriosi poteri, almeno così dicono, e la donna vuole che li usi su di lei per farla restare incinta. Questa è la premessa di Copenhagen Cowboy, sei puntate che saranno disponibili su Netflix dal 5 gennaio, un’avventura al femminile che mischia tanti generi, come si intuisce sin dal titolo e come è sempre a Refn.
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Ce lo ha confermato lui stesso a Venezia, dove la serie è stata presentata in anteprima mondiale fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema.
«Copenhagen Cowboy mi sembra un titolo molto erotico e al tempo stesso con una neutralità di genere che infonde una ulteriore sfumatura sessuale che mi intriga molto e che fa parte anche della creatività contemporanea, nella quale tutto è permesso perché è la fusione di tante cose. È una cosa che vedo fare alle mie figlie, che raccontano continuamente storie sulle piattaforme social. Quando ho iniziato a buttare giù idee per la serie pensavo che far succedere qualcosa di inaspettato all’improvviso fosse in qualche modo disonesto. Poi ho capito che non è così, non ci sono più regole, tutto fa parte di un nuovo concetto dell’atto creativo. E va benissimo così».
Miu è una vendicatrice metropolitana «e credo che la vendetta sia uno di quei comportamenti umani che non passerà mai di moda. Ogni generazione ha bisogno dei suoi eroi e dato che questa serie è stata pensata principalmente per la generazione di cui fanno parte le mie figlie, ho pensato di inventare un’eroina che fosse soprattutto per loro».
A dare corpo, volto e anima a Miu è Angela Bundalovic, attrice, ballerina e coreografa danese nota soprattutto per la serie (sempre Netflix) The Rain. Un personaggio quello di Copenhagen Cowboy che le è entrato sotto la pelle.
«Difficile non accada, ho vissuto con Miu ogni giorno per sette mesi» ci ha detto Angela.
«La cosa che mi ha fatto più riflettere è che è molto semplice cambiare se il mondo che hai attorno ti costringe a farlo, come succede a Miu, che diventa padrona del suo destino e soprattutto consapevole del suo potere. Lo usa principalmente per punire le persone cattive, ma prova anche piacere nel farlo, e questa è la cosa davvero pericolosa».
Il nome della protagonista ha un’origine fashion. «Il progetto successivo a questo è un lavoro che ho realizzato con Prada, uno dei loro marchi si chiama Miu Miu, ho pensato sarebbe stato un bel nome per la mia eroina» che è per il regista un’evoluzione di un personaggio costante nel suo cinema. «Il vichingo di Mads Mikkelsen in Valhalla Rising, il pilota Ryan Gosling in Drive, entrambi sono personaggi che hanno molti tratti in comune con Miu. Il fatto che questa volta l’eroe sia una donna credo sia una naturale evoluzione del fatto che ne sono circondato».
E le ha volute anche sul set le donne della sua famiglia, entrambe le figlie per l’esattezza, e in particolare Lola Güldenløve Corfixen, la maggiore, che interpreta Rakel, personaggio di cui non sveliamo niente per non rovinare la sorpresa «e che ho creato quando la sceneggiatura era già scritta e stavamo già girando.
Ho iniziato a fare provini e poi ho fatto leggere delle battute a Lola. Lei era piuttosto seccata, al contrario di me è molto seria nello studio e l’ho disturbata mentre stava preparando gli esami. L’ho trovata fantastica e le ho chiesto se le sarebbe piaciuto avere la parte. Sono molto fiero di lei».
E la rivedremo, molto probabilmente, perché si parla già di una seconda stagione di Copenhagen Cowboy. «Non c’è niente di ufficiale» ci ha detto Angela Bundalovic «ma è vero che c’è questa eventualità».
Vedremo, intanto aspettiamo il 5 gennaio per conoscere Miu nel paese delle meraviglie.