Le otto montagne, il bacio della vittoria

All’indomani del Premio della Giuria a Le otto montagne, Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch raccontano la gioia del viaggio che li ha portati fin sul palco della Sala Lumière al Festival di Cannes.

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le otto montagne

Il loro bacio appassionato sul palco della Sala Lumière, dove sono saliti per ritirare il Premio della Giuria del Festival di Cannes (ex aequo con EO di Jerzy Skolimowski), è stato uno dei momenti più belli della cerimonia di premiazione della 75esima edizione, che ha consegnato la Palma d’oro a Triangle of Sadness di Ruben Ostlund.

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Le otto montagne, prodotto dalle italiane  Wildside e Vision, tratto dall’omonimo libro di Paolo Cognetti, interpretato da Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi ed Elena Lietti è dunque tra i film del Palmares assegnato dalla giuria presieduta da Vincent Lindon e i due registi belgi,  Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, rievocano tutte le emozioni del lungo viaggio necessario alla realizzazione del film.

«È stato come scalare una montagna e poi osservare un bellissimo panorama dall’altro – dice  Vandermeersch – ma non siamo ancora in cima perché il percorso continua e non ci sentiamo arrivati. Felix ed io sentivamo la necessità di riconnetterci come coppia, il lavoro di scrittura è stato molto intenso ed è venuto naturale girarlo insieme. Ne avevamo bisogno e questo lavoro ha avuto un significato profondo per noi. Il nostro è stato un viaggio metaforico e fisico, l’Italia ci ha dato un caldissimo benvenuto e sia che il cast che la troupe hanno dimostrato grande passione per il nostro progetto.  Il mio primo grazie va però a Felix».

E sulla strada per l’aeroporto, una volta richiamati a Cannes, Charlotte e Felix hanno chiamato Borghi e Marinelli per condividere la loro gioia.

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Le otto montagne

Se almeno la metà dei film premiati hanno profondamente diviso la critica, su Le otto montagne c’è stato sin dall’inizio un consenso condiviso.

«Presentare un film in un grande festival internazionale – dice Van Groeningen – è un’esperienza emotivamente forte, per questo abbiamo deciso di non leggere molti commenti. Se leggi recensioni positive è straordinario, ma se sono negative può essere davvero brutale. Eravamo però fiduciosi che il cuore e il personaggi di questo film fossero capaci di parlare al pubblico, ed è impressionante come un film mostrato il secondo giorno del Festival, nonostante il bombardamento successivo di opere, sia rimasto nel cuore dei giurati».

E Vandermeersch: «Ci commuove l’idea che ogni spettatore veda qualcosa di diverso nel film. C’è chi lo legge come una storia di amicizia e chi ci trova dentro elementi spirituali, metafisici, il mistero della vita stessa. È importante riscoprire a contatto con la natura l’essenza della nostra esistenza e la semplicità, imparare ad accettare le persone per quello che sono, elaborare cose belle e dolorose, perdite e cambiamenti Noi stessi abbiamo compreso solo dopo il senso profondo di quello che stavamo facendo».

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Da sinistra: il Coo di Fremantle Andrea Scrosati, accanto a Mario Gianani (Wildside), i registi di Le otto montagne Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch e Massimiliano Orfei, amministratore delegato di Vision

Il futuro li porterà dove troveranno una buona storia, ma nel frattempo i due registi parlano del cinema italiano più recente che li ha colpiti e influenzati.

«Abbiamo amato moltissimo La meglio gioventù, che in Belgio è stato un grande successo, ma la ricerca di attori italiani ci ha fatto scoprire film come Non essere cattivo di Claudio Caligari, Martin Eden di Pietro Marcello, Favolacce dei fratelli D’Innocenzo e il cinema di Jonas Carpignano e Alice Rohrwacher».

Sul palco di Cannes sono saliti ben cinque registi Belgi. Oltre a Felix e Charlotte, infatti, i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno ricevuto il Premio Speciale del 75° con Tori et Lokita e il giovane Lucas Dhont ha ritirato il Grand Prix con la sua opera seconda, Close.

«Ieri sul palco – commenta Van Groeningen – erano rappresentate tre generazioni di autori. Vent’anni fa il cinema belga non esisteva, poi i Dardenne hanno trovato la loro voce con un cinema molto creativo e internazionalmente apprezzato. Successivamente nelle Fiandre è nata una Nouvelle Vague di cui faccio parte io stesso e il cinema belga ha cominciato a svilupparsi in modo sempre più vasto, includendo anche quello commerciale. Dhont si è avvicinato più ai Dardenne, ma ora il nostro cinema può davvero vantare una grande varietà di storie e stili»

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E sulla grande sfida tra sale e piattaforme, il regista afferma: «Quella sul grande schermo resta ancora una grande e magica esperienza condivisa, qualcosa che le piattaforme non possono offrire». E la Vandermeersch aggiunge: «Oggi che la produzione di contenuti è alla portata di tutti., è più che mai necessario puntare sulla qualità».