Marion Cotillard e Melvil Poupaud Fratello e sorella in odio

Il regista Arnaud Desplechin racconta a Ciak il suo film al cinema dal 3 agosto  

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Marion Cotillard e Melvil Poupaud, Fratello e sorella

Arnaud Desplechin crede ancora nel potere dell’arte di curare, o almeno di alleviare, le ferite dell’esistenza: come accade nel suo lungometraggio Fratello e sorella (Frère et Sœur), presentato in concorso a Cannes nel 2022 e dal 3 agosto in sala per Movies Inspired.

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Volevo fare un film che servisse ad ‘aggiustare’ la vita, cercando non tanto di spiegare, ma di riparare quei sentimenti che ci spaventano tanto: la paura, l’odio, la collera”, dichiara il regista francese intervistato da Ciak.

Ed è un odio ossessivo, incancrenito, difficile da comprendere e comunicare, quello che da anni separa l’attrice Alice (Marion Cotillard) dal fratello, lo scrittore Louis (Melvil Poupaud), segnato a suo tempo dalla morte del figlio. Ma un’altra tragedia, il grave incidente stradale occorso ai loro anziani genitori, porterà Alice e Louis a incontrarsi nuovamente. E, letteralmente, a scontrarsi.

Il che non è detto sia un male, “perché ci si accorge di non essere soli, che ci sono degli altri esseri umani, e così si può mettere fine ai conflitti”, suggerisce Desplechin, secondo il quale “il riferimento di tutti i cineasti che parlano della famiglia è Čechov”. Il grande autore russo “diceva che la famiglia è il più piccolo teatro che c’è al mondo, è un microcosmo. Parlando di una famiglia si possono affrontare sia temi intimi che temi universali, politici, sociali”.

Non per nulla, ai legami familiari il regista ha dedicato la sua prima opera cinematografica, il corto La vita dei morti (1991), nonché il lungometraggio Racconto di Natale (2008). Dove troviamo già Melvil Poupaud (in seguito memorabile protagonista di film come Laurence Anyways di Xavier Dolan, e atteso ora nella nuova fatica di Woody Allen Coup de Chance), che in Fratello e sorella si confronta con la premio Oscar (per La vie en rose) Marion Cotillard, a sua volta già diretta da Desplechin in Comment je me suis disputé… (ma vie sexuelle) (1996) e I fantasmi d’Ismael (2017).

Il regista ammette però di non aver pensato ai due interpreti già durante la scrittura, per un motivo semplice: “Non sono in grado di scrivere film o di immaginarli pensando già agli attori: anche perché sono superstizioso, per cui, mi dico, se penso a loro e poi rifiutano è la fine. Quindi durante il processo di scrittura e preproduzione possiamo citare solo attori morti, così non c’è la paura che possano dire di no! Ma in questo caso, appena finita la versione definitiva della sceneggiatura, ho chiamato il produttore e ho detto: ‘Per me, l’unica che potrebbe interpretare Alice è Marion Cotillard; quindi, cosa facciamo se lei ci dice di no?’”.

Per fortuna non è andata così, e i due protagonisti ci riservano performance degne della loro fama, tanto da far sorgere la curiosità su quanto margine di improvvisazione sia stato concesso durante le riprese: “Io non sono capace di improvvisare – confessa Desplechin – mi è successo di farlo con Roubaix, una luce nell’ombra perché in quel film c’erano degli attori non professionisti, ed era perciò necessario che parlassero come gli veniva”.

Nel suo modo di dirigere, allora, Desplechin preferisce parlare di libertà, anziché di improvvisazione: “Do indicazioni molto precise, ma voglio che gli attori siano liberi. Quando comincio una scena, non ho chiaro se prenderà un tono più allegro, più pesante, più divertente, più commovente, sono aperto a tutte le possibilità. E in questo gli attori possono portarmi verso ciò che sentono di fare”.

E mentre il pubblico italiano si appresta a immergersi nella vicenda di Fratello e sorella, il regista è già al lavoro su un nuovo film, intitolato Spectateurs (Spettatori): “È un mix di documentario e finzione, racconta l’itinerario di un personaggio dai 6 ai 30 anni e di come diventa uno spettatore cinematografico. Una storia di crescita, ma anche una riflessione sul cinema e sui vari mezzi attraverso cui oggi lo vediamo”.