Men, uomini che odiano le donne

Il terzo film da regista di Alex Garland è una riflessione inquietante sulla mascolinità tossica e i rapporti tra generi in forma di horror e con una straordinaria coppia di interpreti

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Alex Garland è uno dei cineasti più interessanti degli ultimi anni. Dopo una lunga carriera da scrittore, tra romanzi e sceneggiature, e una fruttuosa collaborazione con Danny Boyle, per cui ha scritto i migliori film del regista britannico, da 28 giorni dopo a Sunshine, Garland ha deciso di fare il salto dietro la macchina da presa.

Nel 2014 ha esordito con l’eccellente Ex-machina, acutissima analisi etico-filosofica sul rapporto tra uomo e macchina e sui limiti che il progresso si dovrebbe imporre. Un discorso che ha continuato, applicandolo alla natura, nel successivo Annihilation e che prosegue affrontando il sempre più complesso mondo delle relazioni tra uomo e donna.

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Men è un horror

Ma la paura arriva da un elemento quotidiano, ovvero i molti diversi modi che gli uomini hanno per mettere a disagio le donne, da quelli solo apparentemente innocui fino ai comportamenti tossici e violenti che possono lasciare segni indelebili quando non tragici.

Men si apre con l’arrivo di Harper in un paesino della campagna inglese. Dopo un dramma che ha segnato la sua vita, la donna ha deciso di ritirarsi in un luogo tranquillo per rimettere insieme i pezzi della sua vita. Ma sin dal primo incontro si rende conto che quello che doveva essere un percorso per lenire il suo dolore sarà invece una discesa in un incubo in cui ogni uomo rappresenta una diversa forma di mascolinità tossica. Atteggiamenti radicati nella cultura umana da tempo immemore e che Garland mette in scena sotto forma di folk horror. 

«Sono temi su cui rifletto da molto tempo e alcuni di questi li ho toccati nei miei film precedenti», spiega il regista, «ma in questo caso volevo che le persone potessero proiettarsi nella storia e partecipare alla narrazione. Men funziona come uno specchio in cui il pubblico potrà riflettersi, formare una sua opinione su quello di cui parla il film o meno e se queste cose hanno un effetto su di loro».

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Un lavoro complesso

Costruito grazie alla totale collaborazione della coppia protagonista, formata da Jessie Buckley e Rory Kinnear, quest’ultimo interprete di ben otto diversi personaggi. Proprio Kinnear spiega come sia stato costruito l’impianto narrativo del film.

«Nelle due settimane precedenti alle riprese, Jessie, Alex e io siamo stati seduti in una stanza a conversare liberamente su tutti i temi del film, su quello che ci piacerebbe cambiare, su come ci sentivamo e come personalmente vediamo svilupparsi queste situazioni. Un’esperienza davvero rara, non solo per il tempo che abbiamo avuto a disposizione per provare, ma anche per come il lavoro fatto abbia nutrito la narrazione, le scene e i personaggi».

Candidata all’Oscar quest’anno come migliore attrice non protagonista per La figlia oscura, l’esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, Jessie Buckley è una delle attrici più interessanti degli ultimi anni, grazie a interpretazioni di grande spessore come in A proposito di Rose e Sto pensando di finirla qui, diretta da Charlie Kaufman. Prossimamente la vedremo come protagonista di Fingernails, secondo film del regista greco Christos Nikou, che aveva portato il suo esordio Apples al festival di Venezia del 2020.

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Per Alex Garland l’incontro con l’attrice irlandese è stato una vera e propria epifania. «Ho sempre amato la natura collaborativa del fare cinema. Questo film è il risultato della creatività di tutti quelli che ci hanno lavorato. In gran parte è costruito sulle mie conversazioni con Jessie, con cui ho discusso le motivazioni del film dal suo punto di vista come dal mio, per poi fondere il tutto e inserirlo nel racconto».

Un processo estremamente diverso dal solito, che l’attrice ha abbracciato immediatamente con entusiasmo. «Sin dalla mia prima lettura con Alex si è trattato di una collaborazione basata sul dibattito e sul mettersi in discussione. Non imponeva nessuna idea, era aperto a tutte. E questa è stata l’area più interessante e stimolante in cui entrare». Harper è una donna che ha subito un trauma profondo, forse indelebile, quello che doveva essere il suo rifugio e la sua cura diventa un nuovo incubo.

La casa che ha affittato e tutta la natura che la circonda e il paese di cui fa parte sono parte integrante di Men, un film in cui ogni elemento è pulsante e ha una sua funzione fondamentale. «La casa è un personaggio del film», continua Jessie Buckley, che l’ha vissuta come fosse sua e che viene supportata dallo stesso regista su quest’aspetto. «Trovare la casa ha fatto parte del casting. La sensazione è stata la stessa di quando un attore entra in una stanza e immediatamente pensi “è quello giusto”».

Un protagonista aggiunto scovato dopo una lunga ricerca in una delle zone più affascinanti della campagna inglese, i Cotswolt, nel Gloucestershire, una zona rurale nel sud-ovest dell’Inghilterra, un’area in cui ancora echeggiano le tradizioni ancestrali a cui Garland si è ispirato per costruire tutta la parte folk-horror di Men. Sono in particolare due le figure simboliche che ricorrono nel film.

La prima è la Sheela-na-gig, una rappresentazione pagana della femminilità «sopravvissuta attraverso secoli di enorme repressione nei confronti di tutto ciò che anche solo lontanamente potessero sembrare immagini sessuali».

La seconda è quella del Green Man, che nel film è ben tangibile e protagonista di una delle scene più inquietanti e sorprendenti del cinema di genere recente, che ha costretto Rory Kinnear a una performance fisica davvero unica e che ha letteralmente sconvolto il pubblico della Quinzaine des Realisateurs di Cannes 2022, dove Men è stato presentato in anteprima europea.

Il cast del film è completato, in un ruolo piccolo ma fondamentale nell’economia del racconto, da Paapa Essiedu, una delle grandi sorprese degli ultimi anni, protagonista di due serie di grande successo come I May Destroy You e Gangs of London. Essiedu veste i panni di James, ex marito di Harper e di fatto motore delle azioni che hanno portato la donna a confrontarsi con le sue paure materializzate, sperando di riuscire a sconfiggerle.

Men è un film che sta già facendo molto discutere

Per i temi che tratta e per il modo in cui li affronta, sia dialetticamente che visivamente. Vedremo se avrà lo stesso effetto dirompente quando arriverà in Italia il 24 agosto, segnando l’esordio sul mercato italiano di Vertice360, grande gruppo dell’audiovisivo spagnolo che ha deciso di espandersi su altri mercati. In un momento complesso come quello che vive il cinema in Italia, l’arrivo di nuove realtà va salutato con entusiasmo.