Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del serpente, la recensione

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Dal 15 novembre si ritorna a Panem e nei suoi distretti ribelli con Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del serpente, capitolo prequel che amplia la saga distopica tratta dai romanzi di Suzanne Collins.
Francis Lawrence torna alla regia dopo aver diretto Hunger Games – La ragazza di fuoco e le due parti del capitolo finale, Il canto della rivolta, e dirige un cast all star del tutto nuovo che comprende Tom Blyth, Rachel Zegler, Hunter Schafer, Peter Dinklage, Josh Andrés Rivera, Jason Schwartzman e Viola Davis.

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IL FATTO

Anni prima di diventare il tirannico presidente di Panem, il diciottenne Coriolanus Snow (Tom Blyth) è l’ultima speranza per il buon nome della sua casata in declino: un’orgogliosa famiglia caduta in disgrazia nel dopoguerra di Capitol City. Con l’avvicinarsi della decima edizione degli Hunger Games, il giovane Snow teme per la sua reputazione poiché nominato mentore di Lucy Grey Baird (Rachel Zegler), la ragazza tributo del miserabile Distretto 12. Ma quando Lucy Grey magnetizza l’intera nazione di Panem cantando con aria di sfida alla cerimonia della mietitura, Snow comprende che potrebbe ribaltare la situazione a suo favore. Unendo i loro istinti per lo spettacolo e l’astuzia politica, Snow e Lucy mireranno alla sopravvivenza dando vita a una corsa contro il tempo che decreterà chi è l’usignolo e chi il serpente.

hunger games

L’OPINIONE

Era il 2015 e pensavamo di aver salutato gli Hunger Games per sempre.
Con Il canto della rivolta – Parte 2 Francis Lawrence portava sul grande schermo l’ultimo (sdoppiato) capitolo della saga nata dalla penna di Suzanne Collins, chiudendo un franchise che, oltre ad aver conferito ad una sconosciuta Jennifer Lawrence lo status di superstar con il ruolo dell’eroina ribelle Katniss Everdeen, si è trasformato in un fenomeno globale da 3 miliardi di dollari. Passati gli anni, gli echi delle gesta eroiche della Ghiandaia Imitatrice hanno cominciato a farsi meno risonanti ed ecco che nel 2020 Collins trova l’ispirazione per un nuovo romanzo, un prequel ambientato sessant’anni prima e incentrato su uno dei personaggi più intriganti (e odiati) della trilogia originale, il dittatore e  presidente dei Giochi, Coriolanus Snow (interpretato da Donald Sutherland). Neanche il tempo di arrivare a metà stesura che il telefono di Francis Lawrence aveva già ricevuto la richiesta: facciamone un film. Nasce così La ballata dell’usignolo e del serpente, con Lionsgate pronta a mettere sul piatto 100 milioni per tornare ad esplorare il mondo distopico di Panem, questa volte dalle origini.

D’altronde, l’occasione per portare sul grande schermo l’origin story di un villain era oggettivamente molto ghiotta e un po’ come fatto dalla seconda trilogia di Guerre Stellari con Anakin Skywalker prima che diventasse Darth Vader ecco che La ballata dell’usignolo e del serpente ci accompagna nel percorso verso il lato oscuro del giovane Snow, interpretato dal non troppo conosciuto Tom Blyth. Il ventottenne attore britannico si camuffa bene durante i (fin troppo lunghi) 157 minuti di pellicola, incarnando, in progressione durante i tre atti in cui è suddiviso il film, le sembianze di un antieroe buono che si svela un esperto manipolatore. È un affascinante bugiardo, pronto a tutto pur di far carriera e quindi pur di difendere la sua tributa, Lucy Grey Baird, per la quale ha perso rapidamente la testa. Estranea ai meccanismi di potere della capitale, Lucy è uno spirito libero, cresciuto a suon di musica insieme ad un gruppo nomade, i Covey. A lei e al talento musicale di Rachel Zegler è affidata l’anima più pop del film, ma soprattutto i riferimenti a Katniss Everdeen sparsi lungo tutto il film. Sia Zegler sia Blyth sono bravi nel mettere in scena le stratificazioni del legame tra Lucy e Coryo, amplificato nel terzo atto dove diventa sempre meno chiaro chi stia usando chi in questo gioco perverso.

Ma La ballata dell’usignolo e del serpente non è solo la storia delle origini di Coriolanus Snow. È anche l’origine dei Giochi stessi e della loro trasformazione da “semplice” punizione per le fazioni ribelli di Panem a maestoso spettacolo televisivo. A differenza dei film principali di Hunger Games qui c’è meno azione e meno Giochi. O almeno, meno Giochi nel modo in cui li hanno vissuti i protagonisti originali. Niente arene high-tech, sfilate di tributi, costumi stravaganti o esercitazioni. Solo uno stadio abbandonato e bombardato. Ma è proprio questo il punto. Mostrare i Giochi per come sono, senza orpelli sgargianti: cupi, brutali, crudi e tristi. 

In questo contesto emergono anche le interpretazioni del cast di contorno: la folle e perversa Capo Stratega Volumnia Gaul interpretata da Viola Davis (mai vista così cattiva, neppure in Suicide Squad), il duro ma turbato preside dell’Accademia Casca Highbottom di Peter Dinklage e il frivolo conduttore degli Hunger Games Lucretious “Lucky” Flickerman di Jason Schwartzman, degno parente del Caesar Flickerman di Stanley Tucci. 

Come il libro da cui è fedelmente tratto, La ballata dell’usignolo e del serpente dimostra, pur soffrendo di un ritmo a tratti sfilacciato e faticoso, l’originalità della costruzione del mondo di Suzanne Collins e il modo acuto in cui affronta la disuguaglianza e l’autoritarismo. È un film visivamente meno accattivante rispetto alla precedente saga, più stratificato, forse, ma pur sempre un efficace promemoria di quanto possano essere valide le storie di distopia young adult quando fatte bene.

SE VI È PIACIUTO GUARDATE ANCHE…

Ovviamente i precedenti quattro capitoli di Hunger Games o se volete esplorare diverse origin story dedicate a famosi villain, i disneyani CruellaMaleficent.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
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