A tre giorni dall’inizio del Festival di Cannes l’Italia debutta sulla Croisette con La strada dei Samouni di Stefano Savona, selezionato nella prestigiosa Quinzaine des réalisateurs, che quest’anno festeggia il suo cinquantesimo compleanno. Il film, ambientato nella turbolenta striscia di Gaza, alterna immagini documentaristiche alle suggestive e poetiche animazioni di Simone Massi, uno dei più affermati artisti indipendenti italiani noto per disegnare a mano ogni singolo fotogramma dei suoi cortometraggi.
La storia comincia con la piccola Amal che ricorda un grande sicomoro ormai distrutto. Un grande albero su cui lei e i suoi fratelli di arrampicavano e sotto il quale gli adulti si riunivano per discutere o mangiare. Poi è arrivata la guerra e Amal ha perso tutto. Su padre e suo fratello sono stati uccisi così come altri 27 membri della sua famiglia. Ma a un anno da quell’assurda strage durante l’operazione militare israeliana denominata Piombo fuso, bisogna ricominciare a vivere e a guardare al futuro. Ricostruire case e memorie spezzate da un trauma che lascia senza parole. “L’idea del film – racconta il regista palermitano trapiantato a Parigi – è nata quando ho raggiunto la striscia di Gaza nel 2009 per filmare la guerra e realizzare quello che sarebbe poi diventato il film Piombo fuso. Volevo mostrare la vita tra le macerie e in quell’occasione ho incontrato i Samouni, una famiglia di contadini palestinesi martiri. Ho capito che per rendere loro giustizia non potevo fermarmi alla constatazione della tragedia. Attraverso le immagini di animazione ho potuto ricreare i momenti chiave della loro storia perché il cinema va oltre la cronaca e permette allo spettatore di avvicinarsi in maniera più intima e profonda al vissuto dei protagonisti». «Dobbiamo assumerci la responsabilità – continua il regista – di raccontare con semplicità situazioni complicate. Solo se conosciamo il passato possiamo comprendere il presente e costruire il futuro. La distruzione è cinematograficamente fotogenica, ma se la sua messa in scena cade nel compiacimento allora diventa complice del disastro. Il cinema ha il compito di ricostruire proprio a partire dalle macerie».
Se la strage è restituita attraverso l’animazione 3D che replica lo sguardo di un drone ricostruito a partire dai documenti della commissione d’inchiesta israeliana che indagava sulla strage di civili, la memoria dei Samouni è affidata al gigantesco talento di Massi. «Creo i miei chiaroscuri grattando un foglio nero come si scava la terra, facendo emergere la luce e la memoria. Mi sono messo alla prova partecipando per la prima volta a un film con attori in carne ed ossa e per la prima volta ha lavorato insieme a un gruppo di 25 animatori».