Evil Does Not Exist – La recensione del film premiato a Venezia 80

Il lungometraggio di Ryusuke Hamaguchi ha ricevuto il Gran premio della giuria all'80ma Mostra del Cinema e sarà distribuito da Tucker Film e Teodora Film.

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Prima di tutto, la musica: quella che in Evil Does Not Exist (Aku wa sonzai shinai) di Ryusuke Hamaguchi (Gran premio della giuria all’80ma Mostra del Cinema di Venezia) avvolge, da subito, lo spettatore, al pari (pochi istanti dopo) delle immagini di alberi tra cui ci muoviamo guardandoli dal basso. Le note sono di Eiko Ishibashi, come già in Drive My Car, con cui il regista nipponico vinse a Cannes e agli Oscar. È proprio dalle musiche della compositrice (e da un video per la sua esibizione dal vivo Gift) che prende le mosse il nuovo, acclamato lungometraggio del cineasta.

Ed è un linguaggio musicale, quello della natura ritratta nel film: le sue armonie e i suoi ritmi scandiscono le vite degli abitanti del villaggio montano di Harasawa, non distante da Tokyo. È un concerto fatto di schiocchi della legna tagliata da un’ascia e di passi su sentieri macchiati dalla neve. Quelli, ad esempio, di Takumi (Hitoshi Omika) e della figlia di 8 anni, Hana (Ryo Nishikawa): erano i suoi, gli occhi con cui guardavamo gli alberi nella sequenza iniziale.

Ci si può perdere, nella loro musica, ed effettivamente ci perdiamo, al pari dei personaggi tra i campi larghi su paesaggi che li sovrastano e li decentrano (come accadeva ai borghesi dell’incomunicabilità antonioniana). Ma perdersi, non ce ne voglia il maestro Lynch, non è sempre meraviglioso: specie per chi, quella tessitura di immagini e suoni, quiete e asprezza, vita e morte, non la conosce e non è (più) abituato ascoltarla.

Come i figli della città venuti a portare le astrazioni del capitalismo, col progetto di edificare nella zona un glamping: ovvero, un camping “glamour”, nuovo business in cui la macchina del profitto può (quindi deve) fiondarsi finché è in tempo e non scadono i sussidi post-pandemia. La comunità locale è compatta nel respingere un progetto ipocritamente discusso con la popolazione ma di fatto già confezionato e calato dall’alto, prevedendo tra le altre cose una fossa settica che inquinerà i pozzi a valle.

E sono quasi teneri i due sprovveduti rappresentanti dell’azienda, le cui poche e confuse certezze, assimilate dai capi che li mandano allo sbaraglio, si sgretolano poco a poco di fronte alla (quasi sempre) pacata fermezza di un’umanità rurale consapevole della propria storia e responsabilità sociale: «L’acqua scorre verso il basso. Quello che fai a monte influisce sempre sulle persone a valle», ammonisce l’anziano sindaco del paese.

Ma Evil Does Not Exist è più di una critica ambientalista (senza retorica né proclami) a un sistema economico dove siamo (e ignoriamo sempre più di essere) i predatori di noi stessi. Perché, ogni volta che cerchiamo di adagiarci in una definizione più o meno certa e rassicurante, il film cambia direzione: dagli spazi aperti e dialoghi quasi assenti della rarefatta parte iniziale alla densissima dialettica di parole e idee nella sala dell’assemblea, dalle sfumature di commedia dei due frustrati cittadini sedotti da un altro modo di vivere all’angosciosa ricerca di una persona scomparsa.

Il lavoro di Hamaguchi, insomma, è informato dalle stesse leggi della natura che racconta, scritte nella terra, nell’aria, nei tronchi, nelle foglie, nell’acqua (soprattutto nell’acqua). E scorrendo in apparente continuità sotto la trasparenza dello stile, la narrazione fa calare di volta in volta l’accetta sulla nostra presunzione di spettatori che vogliono capire tutto e subito. E invece capiamo di non capire, come gli ambasciatori di una modernità egoista e confusa che, al netto delle loro intenzioni, finiscono col portare comunque danno rompendo equilibri di cui sono ignari.

Forse allora resta solo da abbandonare un po’ delle nostre sovrastrutture individuali e collettive, per riaprirci a una diversa idea di complessità. Prendere la nostra macchina (oggetto-luogo caro al cinema di Hamaguchi) e fare retromarcia (per andare avanti) come Takumi nell’andare incontro alla piccola Hana. Riconnettendoci, senza pretendere di imbrigliarlo come e quanto vogliamo, con quel mondo da cui tutti noi veniamo. Dove il male, prima che ce lo inventassimo, non esisteva.

RASSEGNA PANORAMICA
4,5 Stars
evil-does-not-exist-la-recensione-del-film-premiato-a-venezia-80Prima di tutto, la musica: quella che in Evil Does Not Exist (Aku wa sonzai shinai) di Ryusuke Hamaguchi (Gran premio della giuria all’80ma Mostra del Cinema di Venezia) avvolge, da subito, lo spettatore, al pari (pochi istanti dopo) delle immagini di alberi tra...