Holiday, la recensione del film di Edoardo Gabbriellini

Diretto da Edoardo Gabbriellini e co-prodotto da Luca Guadagnino, "Holiday" (in gara alla Festa nella sezione Progressive Cinema) è in sala per Europictures

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Ne ha fatta di strada l’ex protagonista di Ovosodo Edoardo Gabbriellini, in sala per Europictures con Holiday, il suo terzo lungometraggio di finzione dietro la macchina da presa (presentato a Toronto e in concorso alla 18ma Festa del Cinema di Roma), che prosegue dopo B.B. e il cormorano (2003) e Padroni di casa (2012) un discorso non banale sulla provincia italiana e i suoi lati oscuri. Un percorso da regista legato, oltre che a Paolo Virzì, a Luca Guadagnino, con cui Gabbriellini, tra le altre cose, ha collaborato per la miniserie We Are Who We Are (2020), e che co-produce (insieme a Olivia Musini e Lorenzo Mieli) proprio Holiday (una produzione Cinemaundici, The Apartment, Frenesy e Vision Distribution).

E il film si rivela un’opera matura nelle soluzioni stilistiche e nell’approccio ai (molti) temi, inclusi la grave lunghezza dei tempi della giustizia in Italia e il moralismo morboso di certi rappresentanti delle istituzioni, specie quando si tratta di donne. Al centro infatti c’è la giovane Veronica (Margherita Corradi) che, dopo un lungo ed estenuante processo e l’assoluzione in primo grado, torna all’hotel di famiglia, l’Holiday, dove due anni prima si è consumato l’omicidio della madre Elisabetta (Alice Arcuri) e del suo amante, delitto per il quale era stata accusata.

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Malgrado la sentenza a lei favorevole, non è semplice per la ragazza tornare alla sua vita, fra le attenzioni e i giudizi invasivi della stampa, dei social e dell’umanità circostante divisa tra chi (come la migliore amica Giada, interpretata da Giorgia Frank) la difende e chi continua a vederla come un’efferata assassina. Una vicenda narrata da Gabbriellini (anche sceneggiatore assieme a Carlo Salsa) con una complessità narrativa e formale non comune nel nostro cinema, frammentando il dramma della protagonista nell’incastro dei piani temporali, nella relatività dei punti di vista e negli schermi-sguardi della società ipermediatica contemporanea.

Si può discutere se il finale non ceda troppo alla tentazione di svelare e insieme sparigliare (senza peraltro adagiarsi su facili soluzioni), ma resta la validità di un discorso non stereotipato (anche nei dialoghi efficacemente realistici) sul malessere degli adolescenti (e non solo) di oggi, tra blocchi affettivi, sessuali ed esistenziali in un mondo che discrimina ancora i corpi e caratteri non conformi, trasformando le persone in oggetto di spettacolo e gli imputati (innocenti o colpevoli) in mostri.

RASSEGNA PANORAMICA
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