ADDIO A FRANCESCO ROSI, IL MAESTRO DEL CINEMA CIVILE ITALIANO

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Si è spento stamattina a Roma, a 92 anni, il grande regista Francesco Rosi. I suoi film più celebri e il ricordo commosso di Gian Luigi Rondi

Con Francesco Rosi, nato a Napoli il 15 novembre 1922 e morto oggi all’età di 92 anni, scompare una figura straordinaria del nostro cinema: non solo un intellettuale simbolo “cinema civile” italiano, ma anche un regista che ha saputo raccontare l’Italia, il malaffare, la politica, la corruzione, il Sud con la statura del grande autore. Â«È impossibile dimenticare quanto sono stati determinanti film quali Salvatore Giuliano, Cadaveri eccellenti, Il caso Mattei, e come Rosi a volte abbia saputo addirittura anticipare gli scandali italiani, come fece con Le mani sulla città », dice il direttore di Ciak Piera Detassis. «In più, Rosi scompare proprio in un momento di attacco alla convivenza civile e pacifica oltre che di grande confusione nelle ideologie e negli schieramenti, sia dentro che fuori l’Italia ».

Francesco Rosi
Francesco Rosi Leone d’Oro nel 1963 (dal twitter di La Biennale di Venezia)

Nel 1951 Rosi firmò la sceneggiatura di Bellissima insieme a Luchino Visconti. Poco dopo esordì nella regia affermando fin da subito un cinema d’inchiesta e d’impegno civile, ma raffinatissimo: fra i suoi titoli più importanti I magliari (1959), Salvatore Giuliano (1962, Orso d’Argento a Berlino), Le mani sulla città (1963, Leone d’Oro a Venezia: al Lido riceverà anche il Leone d’Oro alla carriera nel 2012) su corruzione ed edilizia a Napoli, Uomini contro (1970) film pacifista sulla follia della guerra, Il caso Mattei (1972, Gran Priz al Festival di Cannes) sulla controversa morte di Enrico Mattei, presidente dell’ENI, Cadaveri eccellenti (1976), Cristo si è fermato a Eboli (1979), Cronaca di una morte annunciata (1987) dall’omonimo romanzo di Garcia Marquez, La tregua (1997), tratto dall’omonimo romanzo di Primo Levi.

«Era la grande firma del cinema italiano, uno dei pochi superstiti: in lui si fondevano Neorealismo e cinema civile. È un lutto serio che lascerà tracce profonde nell’esistenza dei nostri autori e dei nostri film », dice commosso Gian Luigi Rondi, al quale proprio noi di Ciak abbiamo dato la triste notizia e che ha molti ricordi personali legati al regista. «Era molto bravo anche nell’approfondimento dei caratteri, come nel film Tre fratelli. Ricordo che avevo perso mia madre da poco, e Rosi invitò me e mio fratello a vedere in anteprima il film. Siccome entrambi piangevamo lui disse: “Vi capisco, anch’io ho passato di questi brutti momenti” ». Rosi non si preoccupò mai di toccare nel suo cinema temi scottanti e controversi, che spesse volte incappavano nella censura, anche da parte della critica. Come successe in un episodio che coinvolse anche Rondi: «Nei suoi confronti, oltre a tutto, ho la gratitudine per avere capito la situazione in cui mi trovavo quando fui costretto, come critico, a dire dei “no” a quello splendido film che è Le mani sulla città. Rosi capiva quello che c’era dietro, le pressioni che avevo avuto dagli ambienti napoletani che lui giustamente attaccava e che erano rimbalzati anche sul quotidiano per il quale scrivevo. Dalla Mostra di Venezia avevo dunque scritto quei miei “no” che mi hanno pesato sul cuore per anni, ma poi, tornato a Roma, li ho cancellati in una nuova recensione. Rosi aveva capito i primi, e capì anche i secondi ».

Elisa Grando