“NERUDA”: UN BIOPIC ANTICONVENZIONALE

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«Un film nerudiano, più che su Neruda». D’altronde dal regista cileno di Post Mortem, Tony Manero e Il club non ci si poteva aspettare un biopic tradizionale. E così Pablo Larrain ha scelto di raccontare il poeta, il comunista, il simbolo politico e letterario del suo Paese catturando il momento della sua fuga attraverso la Cordigliera delle Ande, quando si costruì il mito della sua persecuzione da parte del regime di Videla. Ma quel mito, in parte, Larrain lo demolisce perché lo scrittore, interpretato divinamente da Luis Gnecco, ingaggia una sfida con l’ispettore di polizia incaricato di arrestarlo (Gael Garcia Bernal) che ha toni oscillanti tra il noir e il farsesco. 

Neruda diventa per Larrain un uomo amante delle donne, dell’avventura e dello sberleffo, impegnato a giocare come un gatto col topo della dittatura cilena (più che il contrario) mentre si fa protagonista di un road movie con sfumature western. «Ho raccontato ciò che mi evocava Neruda, piuttosto che la sua figura», ha spiegato Larrain, «In un brano del suo discorso di accettazione del premio Nobel, il poeta racconta il periodo della sua fuga, durante il quale scrisse il Canto general, dicendo che non sa se lo ha davvero vissuto oppure solo scritto, pensato, sognato». E il regista ha restituito con un uso eccellente del mezzo cinematografico proprio questo equilibrio magico tra resoconto di fatti reali e finzione sognante. Accolto con entusiasmo dal pubblico della Quinzaine des Realisateurs (inspiegabile che il film non sia invece in gara per la Palma d’Oro), Neruda sarà nelle sale italiane con Good Films.