El Conde, la recensione del Pinochet vampiro di Pablo Larraín

Il geniale cileno è tra i film più attesi del concorso di Venezia 80

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El Conde

In attesa del Maria con Angelina Jolie che dovrebbe chiudere la trilogia iniziata con Jackie e Spencer (presentati proprio al Lido entrambi), ad arricchire un concorso già molto interessante, la Mostra internazionale d’arte cinematografica riporta a Venezia 80 Pablo Larraín. Che con El Conde torna a percorrere le vie più surreali del suo cinema, mescolando il biografismo delle ultime prove con l’abitudine a raccontare il Cile e le sue ferite, sempre critico sulla storia recente del proprio Paese e del regime subito. Quello del sanguinario dittatore golpista Augusto Pinochet, che qui vediamo interpretato da Jaime Vadell (Post Mortem, No, Il Club, Neruda) trasformato in un vampiro vecchio e stanco, ma sempre pronto a riservare sorprese. Positive, per una volta.

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IL FATTO:

Augusto Pinochet, simbolo del fascismo mondiale, è un vampiro ormai costretto a vivere nascosto in una villa in rovina nella fredda estremità meridionale del suo Cile nutrendo il proprio desiderio di malvagità al fine di perpetuare la propria esistenza. Dopo duecentocinquanta anni di vita, stanco, ha deciso di smettere di bere sangue e di abbandonare il privilegio della vita eterna. Gli è diventato insopportabile esser considerato e ricordato dal mondo come un ladro. A dispetto della natura deludente e opportunistica della sua famiglia, trova però una nuova ispirazione per continuare a vivere una vita di passione vitale e controrivoluzionaria attraverso una relazione inaspettata.

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L’OPINIONE:

Ho trascorso anni immaginando Pinochet nelle vesti di un vampiro” dice Pablo Larraín, che a lungo deve aver elaborato la surreale rilettura di un essere incapace di morire, di scomparire, come “i crimini e le ruberie di un dittatore che non ha mai affrontato la giustizia”. E che spesso il regista cileno ha portato alla sbarra nei suoi precedenti film, anche se mai tanto esplicitamente. Come da manuale, le lenti del fantastico e dell’ironia aiutano a raccontare un vero mostro dei nostri tempi, mascherandolo in modo da superare le difficoltà dei meno a conoscenza del passato del soggetto.

Gli unici, forse, che potrebbero provare compassione per lui, vanificando le intenzioni dichiarate dal regista, che sin dalle prime immagini ce lo mostra dimesso, costretto a pappagallo e deambulatore, rassegnato all’isolamento nella Patagonia più desertica (scelta come location principale, e affiancata da quelle di Valparaíso, Santiago, La Boca, Penquehue e la zona antartica del Cile), in un esilio condito dalla visione delle videocassette di Matador o Arancia Meccanica. Con lui, la anziana moglie – più crudele di lui – e il fedele attendente, determinato a impedire una seconda e definitiva morte del suo ‘Tata’, il ‘General’ ancora in grado di apprezzare il sangue dei lavoratori e il suo “bouquet plebeo”.

Sono questi i personaggi di una sciarada familiare e storica che si regala fin troppe parentesi, per quanto irresistibili. A partire dalla Origin Story nella Francia alla vigilia della caduta della monarchia e lo sviluppo della maledizione del futuro dittatore, che vediamo attraversare la storia opponendosi a ogni rivoluzione (Haiti, Russia, Algeria) fino ad arrivare in una nazione senza Re, pronta ad accoglierlo, a permettergli il criminale assalto alla Moneda dell’11 settembre 1973. O quella relativa alla suora della
Paula Luchsinger di Ema, non propriamente in missione per conto di dio e dalla quale sarà bene aspettarsi sorprese.

El Conde

Punti di partenza delle varie linee che si intrecciano, insieme ai piani di ciascuno dei soggetti coinvolti – compresi quelli dei cinque figli, mossi da ben altra e più banale sete – e alla presenza costante di una voce narrante femminile che si svelerà solo nel finale, con un colpo di scena divertente, sebbene narrativamente non troppo incisivo. Ma è l’affresco nella sua interezza a ipnotizzare, complice un suggestivo bianco e nero e il contrasto tra gli ampi spazi geografici e gli interni tortuosi, come i processi mentali di  questi scarti dell’umanità, e dell’umanità carnefici.

Un racconto nel quale si passa dalla disperazione all’intrigo, dalla confessione (con il vecchio Presidente del Cile, riconosciuto responsabile di crimini contro l’umanità, disposto ad ammetter di aver commesso degli errori… “di contabilità”) all’amore, dal noir al thriller, senza mai ‘riuscire’ a sfondare il confine del genere nonostante i momenti da horror classico (mai spaventosi, sempre scenografici) inevitabilmente superati dalle fugaci apparizioni della realtà, come nella citazione delle vere torture alle prigioniere donne e per il vero pseudonimo dell’altresì noto come “il macellaio di Santiago”, Daniel López.

Un monsterverse allegorico che nonostante gli sprazzi si fa fatica a considerare come fantastico e che propone una sfida tra mostri dai tempi inusuali. Ma anche la lentezza è parte dello spettacolo, per l’indulgere del regista su dettagli sentiti (a volte difficili da cogliere) e la necessità di dire tutto. Fino alla definitiva chiusura del cerchio e alla scoperta di un tassello fondamentale – volutamente trascurato nella Origin Story iniziale – al quale Larraín sembra affidare parte del suo odio terreno e il tentativo di esorcizzare uno dei peggiori timori suoi e dei tanti cileni democratici.

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Ancor più dell’Ema che tanto piacque a pubblico e critica di Venezia76 o del Tony Manero che lo rivelò ai più, sono Post Mortem (2010), No – I giorni dell’arcobaleno (2012) e Neruda (2016) i film di Pablo Larraín che possono aiutarvi a tracciare una linea continua che arriva fino a questa sua nuova creazione. Che – con un salto notevole – non può non ricordare anche la Trilogia del Potere (Moloch, Toro e Il sole) dedicata da Alexander Sokurov alle controverse figure di Hitler, Lenin e Hirohito.

 

El Conde

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
el-conde-la-recensione-del-pinochet-vampiro-di-pablo-larrainCile, 2023, Regia Pablo Larraín, Interpreti Jaime Vadell, Gloria Münchmeyer, Alfredo Castro, Paula Luchsinger, Stella Gonet, Antonia Zegers, Marcial Tagle, Amparo Noguera, Diego Muñoz, Catalina Guerra, Durata 110'