Argylle, i segreti di Matthew Vaughn: «Io come Dr. Jekyll e Mr. Hyde»

Il regista ci parla del film in sala e della sua visione del cinema

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Argylle Matthew Vaughn

Per quanto possano sembrare bizzarri, nei miei film rispetto sempre un paio di regole: la prima è essere certo che il film non sia noioso, provo a immaginarmi tra il pubblico per capire cosa mi farebbe divertire. La seconda, non è a tutti i costi oltrepassare i limiti, ma devo fare le cose in modo diverso perché, soprattutto negli ultimi 15 anni, Hollywood è stata come una macchina per produrre biscotti. Il risultato sono anche dei bei prodotti, ma con scene che all’inizio, a metà e alla fine del film si assomigliano tutte. Okay, saranno pure belli, ma il regista è come se non ci fosse“: così il produttore, regista e sceneggiatore inglese Matthew Vaughn – con cui Ciak ha parlato in esclusiva mentre stava dando gli ultimi ritocchi in post-produzione ad Argylle – La super spia, distribuito da Universal Pictures dal 1° febbraio – spiega il mantra che negli anni lo ha spinto a destrutturare i canoni del noir (The Pusher), del fantasy (Stardust), del cine-comic (Kick-Ass) e della spy-story (Kingsman: Secret Service).

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Argylle (del quale al momento dell’intervista avevamo visto una versione semi-definitiva), narra le avventure della più grande spia del mondo, Argylle appunto, incarnata da Henry Cavill, dotato di incommensurabili abilità nel combattimento e irresistibile fascino sulle donne. Lo incontriamo in Grecia e dopo una scena di ballo con la femme fatale LaGrange (Dua Lipa), un sanguinoso scontro a fuoco e un folle inseguimento, scopriamo che in realtà abbiamo assistito alla lettura in pubblico che la scrittrice Elly Conway (Bryce Dallas Howard) stava facendo di un capitolo del suo nuovo romanzo della popolare serie Argylle. Elly Conway è una donna introversa, che lascia raramente la casa dove vive con il gatto Alfie, ma ben presto sarà trascinata nel mondo dello spionaggio, in una continua sovrapposizione tra la realtà e le sue fantasie letterarie. In un film che stravolge ogni cliché delle spy story, con un frenetico susseguirsi di colpi di scena e twist narrativi, brillano anche Sam Rockwell, Bryan Cranston, Catherine O’Hara, Ariana DeBose, John Cena e Samuel L. Jackson.

Argylle Dua Lipa

Vaughn, è vero che il gatto che vediamo nel film è il suo?
È il gatto di mia moglie e mia figlia: io sono più una persona da cani. Sul set avevamo un gatto “professionista” che non era molto professionale e un po’ mi spaventava. Così il secondo giorno ho pensato: “fanculo”, sono andato a casa e ho detto a mia figlia: “Sto prendendo in prestito il tuo gatto”. I tre mesi successivi sono stati interessanti: dovevo andare al lavoro ogni giorno col gatto accanto a me, dividevo con lui la mia roulotte e alla fine del film me ne sono innamorato. Mi è piaciuto questo gatto, ma non me ne piace nessun altro: solo lui!

Quindi quando Sam Rockwell dice a Bryce Dallas Howard «tu in realtà ami i cani» la battuta è per lei?
Sì, io sono proprio come Elly Conway e quella è una delle mie battute preferite: è la mia frase autobiografica, ma ce ne sono anche altre. Quando scrivi non puoi fare a meno di mettere dentro te stesso perché se fai ciò che ami, non lavorerai mai un giorno nella tua vita. Il gatto di casa si chiama Chip, ma nel film è diventato Alfie.

È un omaggio al film di Lewis Gilbert con Michael Caine del 1966?
Originariamente nella sceneggiatura si chiamava Calvin, ma ho avuto l’onore di lavorare con Michael Caine e amavo il film Alfie. Quando mi sono reso conto che Chip ogni tanto guardava la cinepresa, rompendo la quarta parete proprio come faceva Caine/Alfie, ho adorato l’idea che nel gatto ci fosse un po’ di Michael Caine.

Argylle è il romanzo d’esordio della misteriosa Elly Conway, inedito fino al gennaio 2024 e la scrittrice nel film è interpretata da Bryce Dallas Howard. Dica la verità, Elly Conway è lei? Vuole diventare l’Elena Ferrante inglese?
Magari! No, no, Elly Conway esiste davvero ed è decisamente unica. Presto scopriremo perché e sarà interessante.

Argylle Bryce Dallas Howard

Torniamo al suo approccio alla regia. È difficile far accettare una visione fuori dai canoni?
A me piace avere paura quando dico che faremo un film. Quando sono sul set, tutti mi guardano dicendo: “Questo ragazzo è dannatamente pazzo”. Poi la mia squadra di stuntman, o i miei scenografi, mi chiedono “Ma sei sicuro?” e io “Dai, fallo e basta, fidati di me”. Poi iniziamo ed è davvero divertente, ci vuole un po’ di tempo per rilassarsi, poi siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda, perché è più divertente vedere qualcosa di mai visto prima.

Nel sottofinale c’è una scena in un pub la cui insegna recita Kingsman. C’è un crossover in vista?
Abbiamo tantissime idee e trame divertenti, colpi di scena e personaggi che si incontrano. Ora si apre una strada completamente nuova con altri elementi e tutti i personaggi dei miei film possono entrare e uscire dai film.

Insomma sta allestendo il suo Vaughn-Verse?
Sì, in un certo senso, sì. Vorrei provarci, ma divento superstizioso quando provo a pianificare troppe cose in anticipo. Se poi tutti ci dicessero che il film non gli piace non succederà nulla, quella scena l’abbiamo aggiunta solo due mesi fa, perché nei primi test screening le perso- ne reagivano abbastanza bene, così ho deciso d’inserirla.

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Il fatto di essere anche produttore l’aiuta? Lo scorso anno producendo Tetris ha avuto un’ottima intuizione
È divertente e strano il fatto che io nasca produttore e solo dopo sia diventato un regista. Quando ho diretto la mia opera prima The Pusher la mia paura più grande era che se il film non avesse funzionato, sarei diventato il produttore che nessun regista avrebbe mai più rispettato e ascoltato. A volte non so se sto pensando a quello che farei se fossi il regista, o se sto facendo osservazioni da produttore: il mio cervello è molto confuso. Su Tetris, ho cambiato parecchio verso la fine, perché Jon (nda: il regista Jon S. Baird) era molto serio, ma io pensavo che la sceneggiatura fosse divertente e dovevamo fare un po’ di più. In fondo parlavamo di un fottuto videogioco, non di una bomba nucleare, dovevamo rilassarci e divertirci di più. Quindi ho iniettato un po’ di energia al tutto, ma Jon ha fatto un ottimo lavoro e aveva una visione molto forte, solo leggermente meno commerciale.

Come vive il dualismo tra produttore e regista?
Sono Jekyll e Hyde e la cosa interessante è che più invecchio e più divento Jekyll e Hyde. Quando ero più giovane, il produttore era più forte del regista e mi dava la colpa, ora sta andando nella direzione opposta. Ora prendo decisioni basate esclusivamente sulla creatività, sull’essere creativo e sul finanziare un budget. Alla fine la volontà creativa dovrebbe sempre vincere.

Ma chi è Jekyll e chi Hyde?
Quando ero più giovane Jekyll era il produttore e Hyde il creativo. Ora Hyde ogni tanto si trasforma in Jekyll e i ruoli s’invertono.

Bryce Dallas Howard è anche regista. È più facile o più complesso dirigere un’attrice che è una collega?
Penso che sia più facile perché capisce quanto sia complicato quello che stiamo facendo e può apprezzarlo. Anche Ralph Fiennes, che ho diretto in The King’s Man – Le origini, è un attore e regista. Con loro non c’è bisogno di “traduzione”, se dico che girerò su un 75 di nuova costruzione, loro sanno davvero cosa significhi, mentre con un attore normale la spiegazione sarebbe più lunga.

In Argylle ci sono citazioni che vanno dalla spy-story ai balletti di Bollywood, ma quali sono stati i suoi film di riferimento?
I film che qui mi hanno maggiormente influenzato sono Sciarada di Stanley Donen, All’inseguimento della pietra verde di Robert Zemeckis e Intrigo Internazionale di Alfred Hitchcock.

 

A questo punto il tempo sarebbe scaduto, ma al momento dei saluti Matthew Vaughn ci tiene ad aggiungere un’ultima cosa:

Voglio che i tuoi lettori sappiano che spero di venire di nuovo in Italia per fare cinema. La troupe cinematografica italiana è stata una delle migliori con cui abbia mai lavorato. Dovete essere orgogliosi della vostra storia del cinema e non vedo l’ora di tornare da voi“.