Cimitero vivente: le origini, la recensione del nuovo Pet Sematary

Il film su Paramount+ torna a scavare nell'incubo creato da Stephen King

0
Cimitero vivente: le origini - Bloodlines

Per la gioia di tutti gli appassionati di horror, le radici sono sempre quelle… ché anche il Cimitero vivente: le origini (Pet Sematary: Bloodlines) diretto da Lindsey Anderson Beer è basato sul romanzo di Stephen King del 1983 dal quale Mary Lambert aveva realizzato il film del 1989. Quello disponibile dal 7 ottobre su Paramount+ è però un capitolo inedito della storia già ripresa in passato – non con troppo successo – nel Cimitero vivente 2 della stessa regista e dell’adattamento del 2019 con Jason Clarke e John Lithgow. Ma stavolta, a scoprire per noi il segreto dietro al luogo sacro dei Mi’kmaq ai margini della solita Ludlow, ci sono Jackson White, Forrest Goodluck, Jack Mulhern e Henry Thomas.

LEGGI ANCHE: Il nuovo Cimitero vivente tra le novità in arrivo su Paramount+ a ottobre 2023

IL FATTO:

Jud Crandall sogna di cambiare vita, e di lasciarsi alle spalle la propria città natale, quella stessa Ludlow, nel Maine, dove era ambientato il film del 1989. Ben presto, però, il giovane scopre alcuni inquietanti segreti della cittadina, tenuti accuratamente nascosti, o meglio sepolti, nel piccolo cimitero locale. Si troverà così costretto a confrontarsi con un’oscura storia familiare, che rischia di tenerlo per sempre legato alla odiata Ludlow, e a cercare di affrontare, insieme ai suoi amici d’infanzia, l’antico male che la affligge da sempre.

Cimitero vivente: le origini - Bloodlines

L’OPINIONE:

Non è male l’ennesimo tentativo di approfittare del cult di Stephen King già portato sullo schermo da Mary Lambert nel 1983, ma come la stessa regista statunitense e la coppia Kölsch-Widmyer non erano riusciti a replicare quel classico anche il tentativo di Lindsey Anderson Beer mostra dei limiti. Sceneggiatrice di Sierra Burgess è una sfigata e del Bambi inserito tra i prossimi Live-Action Disney, l’esordiente dietro la macchina da presa sembra talmente impegnata dal nuovo ruolo da trascurare proprio la scrittura, che in un progetto del genere è spesso la vera arma vincente. Almeno pensando al risultato, viste le premesse produttivamente confortanti della possibilità di inserirsi in una tale ‘linea di sangue’ e del (seppur cauto) endorsement del padre del soggetto – lo stesso King, per intenderci – che a domanda rispose: “La sceneggiatura si prende qualche libertà, ma è una buona storia“.

Domanda alla quale non tutti potrebbero rispondere allo stesso modo, purtroppo, nonostante la presenza carismatica di un sempre apprezzabile David Duchovny, a suo modo toccante e in grado di mostrare il giusto tono anche con il poco spazio concessogli. E nonostante l’occasione di colmare una lacuna che la serie si trascinava da tempo. Quella appunto delle origini della maledizione, che dai tempi dei Mi’kmaq fa la gioia degli appassionati di horror soprannaturale (qui con un tocco di folk, tanto di moda). Correva l’anno 1674, infatti, quando i primi bianchi arrivarono a squietare le popolazioni indigene locali e le loro tradizioni, ma il breve flashback storico che fa da intermezzo al racconto non rivela molto, di certo non abbastanza, restando slegato dal resto. Sostanzialmente un’occasione mal sfruttata alla quale, a questo punto, sarebbe decisamente forzato dedicare un ulteriore prequel e che conferma uno squilibrio della narrazione.

Una sorta di Redneck-horror che conservare comunque un buon ritmo e nel quale spesso le immagini acquistano forza per l’insistenza con cui la regia le evidenzia. Forse troppo, in attesa di un twist che tarda ad arrivare e al quale un solo personaggio continua a far riferimento, sin dall’inizio. C’è un elefante nella cristalleria, si sa, ma proprio per questo forse sarebbe stato d’aiuto sviluppare backstory utili a evitare incongruenze col passato o far crescere i personaggi. ‘Mostro’ di turno compreso, inquietante e promettente fino al momento di entrare in azione come una qualsiasi maschera del genere, in un ‘anello mancante’ che ricorda troppi altri classici (da Poltergeist a IT) e manca di tensione. “A volte morto è meglio”, è la massima che il film elargisce, una lezione che speriamo valga anche per eventuali progetti a seguire…

LEGGI ANCHE: Pam Grier nel cast del prequel di Pet Sematary

SE VI È PIACIUTO CIMITERO VIVENTE: LE ORIGINI, GUARDATE ANCHE…

Tutti gli altri film precedenti della serie, ovviamente, quindi i già citati Cimitero vivente e Cimitero vivente 2 di Mary Lambert, il Pet Sematary del 2019 diretto da Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, e perché no anche quel piccolo gioiello di tutt’altro genere con cui Tim Burton ci regalò una versione molto personale del tema e un irresistibile amico a quattro zampe del quale – fortunamente, in questo caso – non avere paura, Frankenweenie.

 

Cimitero vivente: le origini - Bloodlines

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
cimitero-vivente-le-origini-la-recensione-del-nuovo-pet-semataryUsa, 2023. Regia Lindsey Anderson Beer. Interpreti Jackson White, Forrest Goodluck, Jack Mulhern, Henry Thomas, Natalie Alyn Lind, Isabella Star LaBlanc, Samantha Mathis, Pam Grier, David Duchovny. Distribuzione Paramount+. Durata 1h e 24’