La 71ma edizione del festival di Locarno rende omaggio al cinema dei Taviani, ricordando lo scomparso Vittorio alla presenza del fratello Paolo. L’occasione è fornita dalla proiezione dell’edizione restaurata (da Cineteca Nazionale e Istituto Luce-Cinecittà) di Good Morning Babilonia (1987), forse non il più “bello” e neppure il più celebrato dei film della coppia (per questo meglio rivolgersi ad Allosanfan, Padre padrone, La notte di San Lorenzo, Cesare deve morire), ma che ha un posto del tutto speciale nella loro filmografia.
Coprodotto con Francia e Stati Uniti, girato in inglese (prima volta) e in italiano, con un cast internazionale ma clamorosamente forse anche il manifesto più orgogliosamente italiano, anzi toscano (riprese tutte tra Livorno e gli studi di Tirrenia), dei due cineasti di San Miniato, peraltro da sempre e per sempre ancorati alle proprie radici geografico-culturali-ideologiche: Good Morning Babilonia proclama la propria nazionalità e le virtù del mestiere artigiano, in un momento quasi topico della profonda crisi che aveva colpito (e continuerà a colpire negli anni a venire) il sistema culturale-industriale cinematografico italiano. “Gli italiani li conosco bene, bugiardi, bravi a parole, furbetti e scansafatiche, pancia al sole e mani sulla pancia”, li denigra il produttore Grass (David Brandon). E i fratelli Bonanno (Vincent Spano e Joaquim de Almeida) rispondono: “Queste mani hanno restaurato le cattedrali di Pisa, Lucca e Firenze”; “di chi sei figlio tu? Noi siamo i figli dei figli dei figli di Michelangelo e di Leonardo. Di chi sei figlio tu?”.
La storia è quella di due fratelli scalpellini costretti a cercare lavoro e fortuna in America. Dopo traversie anche umilianti, arriveranno a lavorare sul set di Intolerance, alla corte del titano D.W. Griffith (Charles Dance). Troveranno anche l’amore (Greta Scacchi e Desirée Nosbuch) e separeranno con rabbia i rispettivi destini, ma la loro storia epica finirà tragicamente, quando si ritroveranno proprio simbolicamente davanti a una cinepresa, durante la Grande Guerra.
Dicevamo delle non travolgenti fortune del film, presentato fuori concorso al festival di Cannes. Ottenne riconoscimenti solo con un Nastro d’Argento per i migliori costumi (a Lina Nerli Taviani, tra l’altro la moglie di Paolo), più una nomination a Omero Antonutti (che interpreta il ruolo del padre dei protagonisti). Resta comunque intatta la potenza del progetto, con la straordinaria “resa” delle scene ricostruite di Intolerance e anche la modernità del messaggio (il cinema dei Taviani recava sempre dei messaggi), del valore del lavoro collettivo del cinema, della sapienza dei suoi tecnici.
Ma è tempo di congedarci e lo facciamo citando la critica di Tullio Kezich, precisa nel centrare il senso di un tentativo alto dagli esiti controversi (o forse vale il viceversa: controverso con esiti alti): “Autobiografia? Saggio filmato sull”’amour du cinéma’? Sociologia della creatività artigianale? Elegia dell’emigrazione? Telenovela? Ode patriottica sul privilegio di essere italiani? Benché l’azione sia condensata in cinque anni o poco più, assumendo come punto d’arrivo la guerra sul Carso, Good Morning Babilonia accumula senza sforzo l’intero repertorio tematico e stilistico dei fratelli Taviani”. Per questo è giusto rivederlo sul grande schermo di Locarno.