La Regina degli scacchi, fenomeno sociale e scacchi-mania nel mondo

Dall'aumento vertiginoso dei download di applicazioni di scacchi, alla 'riesumazione' e acquisti di scacchiere e libri di teoria. La Regina degli Scacchi ha generato un vero e proprio fenomeno commerciale

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Da quando è approdata il 23 ottobre su Netflix, La Regina degli Scacchi non ha più smesso di far parlare di sé, raccogliendo consensi su consensi e diventando, in sole quattro settimane, la miniserie più vista di sempre sulla piattaforma. Oltre agli ottimi risultati ottenuti in termini di visualizzazioni, il più grande successo della serie creata da Scott Frank e Allan Scott con protagonista la bravissima Anya Taylor-Joy è riscontrabile, in misura ancora maggiore, nel vero e proprio fenomeno commerciale e sociale che ha saputo creare intorno al gioco degli scacchi.

È scacchi-mania nel mondo

Tra chi ha cominciato a tirar fuori vecchie scacchiere impolverate e inutilizzate da anni, a chi ha provveduto subito ad acquistarne di nuove, insieme a libri di strategie (frequentemente citati nella serie), fino ai più tecnologici che hanno scaricato a iosa applicazioni per cellulari, computer e tablet (con tanto di avatar di Beth Harmon, vedi foto in basso), il boom che si verificato è davvero impressionante. Pensate che nelle tre settimane successive al debutto, le vendite unitarie di set di scacchi sono aumentate dell’87% negli Stati Uniti e le vendite di libri sulle strategie sono aumentate del 603%, mentre le ricerche su Google “Come giocare a scacchi” sono state le più alte negli ultimi nove anni (vedi qua).

Il segreto del successo

Ma come ha fatto The Queen’s Gambit ha creare tutto ciò senza nemmeno poggiarsi su una ricca campagna di marketing? Semplice, ogni cosa ha funzionato per il meglio. La protagonista, gli attori secondari, i costumi, la fotografia, le ambientazioni, la sceneggiatura e la rappresentazione di un gioco (sembra quasi riduttivo chiamarlo così dopo aver visto la serie) affascinante e sfiziosamente complesso, che non era mai stato approfondito in questo modo in campo seriale-cinematografico.

A dare manforte alla produzione nelle sequenze che coinvolgevano le scacchiere c’è stato, non a caso, un consulente d’eccezione, Garry Kasparov, considerato uno dei migliori scacchisti di sempre (campione del mondo dal 1985 al 2000), mentre per la ricostruzione degli ambienti scacchistici statunitensi degli anni Sessanta è stato chiamato Bruce Pandolfini, il maestro di scacchi americano più esperto al mondo.
Nonostante il generale entusiasmo e una condivisa approvazione, le critiche, si sa, non mancano mai e anche The Queen’s Gambit non ne è esente. Alcuni esperti hanno evidenziato alcune storture scacchistiche, come l’abbandono plateale eseguito facendo cadere il Re al posto della classica stretta di mano o la scalata agonistica troppo rapida e lineare della protagonista, l’assenza di partite patte e le mosse eseguite una dopo l’altra senza adeguate pause di riflessione. Si tratta, tuttavia, di imprecisioni notate solo dagli appassionati, che nulla tolgono al valore di una serie che, non ci sbilanciamo a dirlo, ha fatto già la storia e generato un fenomeno senza alcun precedente. Ora bisogna solo vedere se tale scacchi-mania è destinata a durare.