Romulus | La nascita di Roma? Quasi un nuovo Game of Thrones

Arriva su Sky "Romulus", la serie girata e prodotta da Matteo Rovere, un racconto epico di guerra, passione e coraggio che si prepara a conquistare il mondo

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Trenta re, un trono, tre giovani pronti a ribellarsi al loro destino, un mondo primitivo governato dalla natura e dagli dèi, lotte e violenza, ma anche fratellanza e amicizia: anche se il suo regista, produttore e sceneggiatore, Matteo Rovere, spiega di «non essere così ambizioso», è in arrivo qualcosa che potrebbe colmare il vuoto lasciato dalla conclusione de Il Trono di Spade. Anche se la nuova serie Sky Original, Romulus, che esordirà dal 6 novembre in esclusiva su Sky e in streaming su Now tv, racconta (ed è) molto altro.

La produzione Sky, Cattleya – parte di ITV Studios – e Groenlandia, in dieci episodi, girati in lingua protolatina e diretti da Matteo Rovere, Mi- chele Alhaique ed Enrico Maria Artale, è al tempo stesso un grande affresco epico e una realistica ricostruzione degli eventi che, fra storia, leggenda e rivoluzione, portarono alla nascita di Roma. È un racconto di guerra, passione, coraggio e paura, realizzato con un grande impianto scenico e due intere città ricostruite sulla base di ricerche storiche documentate, con migliaia di figurazioni, più di 700 presenze stunt e centinaia di armi riprodotte. Ma anche un prodotto, «girato – spiega Rovere che ha firmato le sceneggiature con Filippo Gravino e Guido Iuculano – spesso di notte, fra pioggia, fango, freddo e animali», che – sulla scia di Gomorra La serie, The Young Pope e The New Pope– si prepara a conquistare il mondo. Abbiamo incontrato il regista per chiedergli di svelare qualche aspetto sulla serie e il lavoro compiuto dall’intera squadra.

Photocredits: Francesca Fago

L’intervista a Matteo Rovere

Romulus è il suo primo progetto per la tv, ma in un certo senso prosegue il lavoro fatto nel film Il primo re. Con quali sentimenti e obiettivi si è avvicinato a questa nuova opera?

Romulus non è né uno spinoff, né una continuazione de Il primo re. È un altro modo di raccontare il mondo della fondazione di Roma. In questo progetto cerchiamo di rima- nere fedeli alla realtà storica e di narrare quali possano essere stati quei movimenti umani che, nell’VIII secolo a.C., hanno determinato e generato la leggenda. Come mi sono approcciato alla serie? Con la stessa attenzione e cura che dedico a ogni film, ma anche giovando e godendo di un’arena che chiaramente è più estesa, e quindi permette un maggiore approfondimento della narrazione. Infine ho lavorato con un linguaggio il più possibile cinematografico.

Il tema del potere è fondamentale nella serie.

Lo è. Si parla del potere in tutte le sue declinazioni: quello politico, quello esercitato con la violenza e la sopraffazione, quello religioso. Indaghiamo come esso determina la creazione di un nuovo modello di comunità, storicamente accertato, che poi diventerà un impero e influenzerà, con forza ed energia, tutta la cultura occidentale. Ma si delinea anche la nascita di un gruppo di giovani che cerca di sostituirsi alle generazioni tradizionali e di capire come è complicato ottenere, gestire e mantenere il potere.

Photocredits: Francesca Fago

A proposito di questo: nella serie il domani è anticipato dalle azioni di tre giovani. Anche la serie è affidata alla bravura di una nuova generazione di attori italiani di cui sono protagonisti Andrea Arcangeli, Marianna Fontana e Francesco Di Napoli. In tal senso lanciate un messaggio al settore?

Personalmente e come produttore da sempre porto avanti l’idea di opere prime e di generazioni di autori che devono susseguirsi ad altre, che devono lavorare e integrarsi con il sistema esistente, cercando di farne parte e non di subirlo. La nostra è una cinematografia che ha bisogno di creare un nuovo rapporto col pubblico e di sperimentare linguaggi diversi. In caso contrario si rischia una stagnazione e, in tempi come questi di così grande e profonda crisi, di sparire. Il film parla anche di questo: è lo scontro fra la generazione dei tre protagonisti e quella dei loro padri, che fa molta fatica a fargli posto e non riesce a lasciare spazio.

I Luperci
Credits: Francesca Fago

L’universo di Romulus è popolato da forze incomprensibili, permeato di superstizione e divinità, ma la storia rimane sempre plausibile. Può raccontarci l’immenso lavoro fatto con storici, archeologi e antropologi?

C’è stato un grandissimo approfondimento del periodo storico, iniziato con Il primo re, che ora è proseguito. Allora abbiamo analizzato il periodo soprattutto da un punto di vista classico e oggettivo, per rimettere in scena la leggenda in un modo realistico. Qui il percorso è molto diverso: abbiamo immaginato il periodo storico reale e ci siamo chiesti come è nata la leggenda e con essa i simboli che tutti conosciamo come i gemelli e la lupa. La risposta è arrivata con l’aiuto degli storici, degli antropologi, dei linguisti. Abbiamo trovato una chiave di racconto diversa, che dà tanta verità ma apre anche gli occhi. Consente di fare un viaggio in un mondo lontano molti secoli, nel quale si muovono personaggi che risuonano sulla contemporaneità in modo molto efficace.

Avete addirittura deciso di creare una lingua arcaica, un protolatino che ha richiesto un grande sforzo agli attori. Sì, anche in questo caso abbiamo implementato il lavoro precedente. L’obiettivo è restituire al racconto una sensazione di verità e concretezza. Chi vorrà potrà godersi la serie in lingua originale con i sottotitoli, ma è stata anche doppiata. Abbiamo ricostruito con grande precisione una lingua complicatissima e affascinante.

L’idea di un universo perennemente in crisi, dove non c’è nulla di solido a cui affidarsi e la paura domina ogni pensiero risulta (per certi versi, paradossalmente) molto attuale.

Viviamo in un periodo storico incredibile e unico. Noi abbiamo finito le riprese lo scorso anno e quindi prima dell’inizio della pandemia. In pieno lockdown, però, pensavo a questa umanità che ha vissuto una vita ignara del progresso scientifico, preda di una natura che si manifesta esuberante e violenta nei suoi confronti. Anche noi abbiamo subìto e stiamo subendo qualcosa di molto simile: una natura che, per quanto la scienza cerchi di contenerla, esplode incontrollabile per il piccolo essere umano, esattamente come succedeva ormai ventisette secoli fa.

Il mondo attende con ansia un nuovo Game of Thrones. Potrebbe averlo trovato? Non mi permetto di essere così ambizioso. Il Trono di Spade è una serie che ho apprezzato come Vikings e altre. Anche Romulus è una grande saga familiare, ambientata nel passato. Nel nostro piccolo abbiamo cercato di fare il massimo. Forse le nostre chiavi di racconto sono più realistiche e naturalistiche, riservando comunque molta attenzione alle passioni e alle relazioni fra i personaggi.

Di Michela Offredi