Romulus, parlano i protagonisti: «Un set duro ma bellissimo»

Andrea Arcangeli, Marianna Fontana e Francesco Di Napoli raccontano i loro personaggi, ma anche le sorprese e le difficoltà delle riprese, a iniziare dalla lingua

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Un principe che attende, senza fretta e con il fratello gemello, il regno. Uno schiavo orfano e solo al mondo. Una giovane vestale che serve la dea feconda di cui è sacerdotessa, custodendo il fuoco sacro che non deve spegnersi mai. Sono Yemos, Wiros e Ilia i protagonisti della serie Romulus. Tre giovani che, in un mondo dominato da forze incomprensibili e da adulti spesso violenti, affrontano avversità, lotte, paura, morte. E decidono di prendere in mano la loro vita, per compiere o ribellarsi al loro destino. «È una storia nella quale mi sono ritrovato. Le figure, che abitano il tempo nel quale è ambientata la storia, sono convinte di dover seguire un fato già scritto – spiega Andrea Arcangeli (Trust, The Startup – Accendi il tuo futuro) che dà volto e voce al principe Yemos -. Il mio personaggio, a un certo punto, perde tutto, si annulla, non esiste più. Deve tornare in vita, ma non può più aggrapparsi ad altro. Non rinnega un dio o una credenza, ma capisce di essere la sua unica forza. E questa è una condizione molto umana».

Al suo fianco sul set c’è Francesco Di Napoli (La paranza dei bambini), che interpreta Wiros. Se Wiros è nato senza niente, Yemos ha perso tutto: capiscono che solo insieme possono salvarsi e fra loro – anticipa Di Napoli – «nasce un’amicizia fraterna». Anche Illia, svela l’attrice che la impersona, Marianna Fontana (Indivisibili), «vive un cambiamento molto importante. Diventa una donna consapevole, mossa da sentimenti come la vendetta e la giustizia».

Ad avere compiuto un percorso di crescita non sono stati solo i personaggi nella parabola epica della storia, ma anche gli stessi attori che si sono trovati a recitare in una lingua arcaica, un proto-latino inventato ma basato su fonti scientifiche.
«All’inizio – ricorda Di Napoli – avevo tantissima difficoltà sia nel leggerlo che nel pronunciarlo. Sono serviti due mesi con un coach, era complicato riuscire a trasmettere le emozioni attraverso una lingua incomprensibile». Necessaria una preparazione linguistica ma anche fisica. Le riprese sono durate circa otto mesi, hanno attraversato tutte le stagioni e le temperature. I personaggi sono stati calati in un universo «di acqua, pioggia, fango e fuoco» (per riprendere le parole del regista e produttore Matteo Rovere). E per gli attori non è sempre stato semplice o immediato. «Per due mesi – ricorda Fontana – mi sono allenata, anche 4 o 5 ore al giorno, con la spada e le coreografie, poi abbiamo fatto equitazione. A volte il mio corpo non rispondeva per il freddo, ma questo mi ha aiutata a entrare nella parte».

Un’avventura nell’avventura anche per Arcangeli: «Questa serie mi ha fatto capire che l’asticella dei miei limiti è più alta di quello che credevo. Quando ti dicono che devi girare con un semplice gonnellino di pelliccia sotto la pioggia e di notte, pensi che non ce la farai mai. Ma poi, alla terza volta, capisci che sei in grado. Ed è bellissimo».

Di Michela Offredi

Clicca qua per leggere l’intervista al regista Matteo Rovere