In un ipotetico albo d’oro del “C”nema Bizarro”, certamente Velluto blu (1986) di David Lynch si troverebbe ai vertici della classifica. Il film, diventato da subito un cult-movie, influenzando con il suo raffinatissimo stile tante altre pellicole in bilico tra cinema d’autore, mystery e dolce eppure malsana fiaba onirica, appariva nelle sale cinematografiche esattamente trenta anni fa.
Rivedendolo oggi, il disagio non muta: Jeffrey Beaumont, un giovane studente, interpretato da Kyle MacLachlan, ritorna nella città natale di Lumberton, per assistere il padre colpito da ictus. Il ritrovamento accidentale, tra i fili d’erba di un terreno, di un orecchio umano mozzato, con successiva consegna del macabro reperto alla polizia, conduce Jeffrey in un vortice di incontri pericolosi (tra suoni soffocati e indefinibili che spesso travalicano l’immagine) e alla scoperta di un sottomondo ove imperano corruzione, violenza, perversioni sessuali e droga. Tutto nel finale sembra risolversi e i pettirossi (sia pur meccanici e con uno scarafaggio nel becco) ritornano a cinguettare sugli alberi, tra le sognanti musiche di Angelo Badalamenti e la canzone del titolo.
Come lo stesso regista ebbe a dire, il voyeurismo fu una delle idee di partenza del film: «Ho sempre desiderato intrufolarmi nella stanza di una ragazza per guardarla di notte e forse, a un certo punto, vedere qualcosa che fosse un indizio in un caso di omicidio». Il produttore Dino De Laurentiis presentò Velluto blu come «un mystery thriller tra Welles e Hitchcock». Dietro la ridente facciata (il sipario blu) delle cittadine di provincia, gli psicopatici celebrano riti orrendi: le stesse forze della paura e dello smarrimento dei sensi saranno poi alla base anche del serial televisivo Twin Peaks. Isabella Rossellini per la prima volta si calò nei panni di una dark lady torbida, perversa e sensuale e la sua scena di nudo in cui si mostra vulnerabile e col corpo illividito privo di qualsiasi appeal erotico, comunque destò scandalo.
L’ultima parola a Frank Booth/Dennis Hopper: «Guardami, non fare troppo il buon vicino con lei, se no ti mando una lettera d’amore, scritta col cuore, stronzo! Sai cos’è una lettera d’amore? È il proiettile di una pistola, stronzo!». Hopper per questa sua interpretazione decisamente “survoltata” venne premiato al Festival di Montreal. David Lynch ottenne la sua seconda nomination all’Oscar per la miglior regia.