Adagio, Sollima: «Il mio atto d’amore per Roma»

La parola ai protagonisti di Adagio, presentato in concorso alla Mostra cinematografica di Venezia

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«Adagio è la chiusura di una trilogia su una Roma ovviamente traslata in chiave criminale». Stefano Solima racconta nel film la parabola decadente di tre criminali, in una Roma afflitta da incendi e blackout continui, cui danno il volto Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastandrea. «In Romanzo Criminale era raccontata la nascita di una banda che ha esercitato su Roma un potere indiscutibile – spiega il regista – Adagio è un racconto sulla decadenza di vecchie leggende del crimine che vivono ormai alle margini della società. È chiaro che c’è un collegamento con la banda della Magliana, è stata un fenomeno sociale importante, ma soltanto per dare a queste figure un passato mitologico, tant’è vero che una delle battute del personaggio di Servillo, lo dice chiaramente: «Questi non si ricordano più ma chi siamo».

Favino ha il ruolo di Romeo detto Er Cammello. «Sono come tre falene impazzite, ognuno gira attorno alla propria ossessione – sottolinea l’attore – Credo che debbano fare i conti con sé stessi, ma il messaggio più bello che c’è nel film è che fortunatamente le colpe dei padri non devono per forza ricadere sui figli, perché sono individui capaci di scegliere da soli». Toni Servillo è Daytona. «Un personaggio che recita nella recita, un uomo che capisce che certe regole coincidono con un destino contro il quale va a sbattere. E prima di andare a sbattere contro questa fine tragica se la gioca, fino all’ultimo». Mastandrea è Pol Niumann. «Quando Sollima mi ha dato la sceneggiatura gli ho detto che era una bella storia di vecchi, che mi sarebbe piaciuto vedere. Non pensavo che mi volesse proporre un ruolo», sorride.