#Pesaro59 – Viva la notte – La recensione del corto italiano in concorso

0

Le immagini e i suoni che componongono le opere selezionate alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival appartengono spesso a un altrove (estetico, esperienziale, sociopolitico) dove non valgono le convenzioni della comunicazione audiovisiva ordinaria (o maggioritaria). Perché questi lavori (soprattutto fra le proposte del Concorso Pesaro Nuovo Cinema) sembrano ricavare le proprie forme da un futuro (della settima arte) che deve ancora pienamente manifestarsi, o da un passato estratto e trasfigurato dal calderone ribollente di un inconscio individuale e collettivo.

La 59ma edizione dell’evento diretto da Pedro Armocida sembra aver trovato in questo un riferimento nel tòpos della discoteca, tra locali storicamente connotati e archetipi di una socialità che danza con i confini (rimettendoli in discussione), tra corpi e corpi, tra individui e massa, musica e figure, sensi e loro annullamento per sovraccarico di stimoli.

Dopo il documentario (visto in anteprima assoluta il 18 giugno in Piazza del Popolo) Cocoricò Tapes di Francesco Tavella, è stato il turno del corto Viva la notte di Francesco Zanatta, tra i titoli proiettati in competizione (e valutati in giuria da Rä Di Martino, Francesca Mazzoleni e Pablo Marín) nella giornata del 21. E anche lì la celebre discoteca riccionese è tra le fonti dichiarate dei filmati da cui prende le mosse il poemetto (audio)visivo del filmmaker (trevigiano, classe 1999, laurea in Arti Multimediali all’Università IUAV di Venezia, al suo primo festival). L’epoca è quella “d’oro” tra anni Novanta e primi Duemila, prima che i social media rimpiazzassero le nottate di musica, ballo e trasgressione (reale o anche solo potenziale) come nuova ossessione delle cronache moralistiche sulla vita giovanile.

Ma i tredici minuti del corto di Zanatta alterano il reperto d’archivio, lo affondano nell’humus psicotropo e metafisico di una (ri)composizione dove i contorni delle persone sono appena (e per poco) distinguibili, i volti si manifestano come spettri per pochi istanti e il video a bassa definizione assurge a paesaggio ibrido tra una memoria emotiva sfocata e lampi di un dionisiaco presente assoluto. Nessun giudizio può (e deve) trasparire, solo la forza suggestiva di un verso (cinematografico) libero da orpelli narrativi, che ribadisce implicitamente la natura effimera della (presunta) singolarità in espressionisti tableaux vivants danzanti scanditi da un unico, martellante battito.

Nelle reminiscenze fantasmatiche dei baccanali di venti, trent’anni fa, possiamo allora scorgere suggestioni di tanti sogni-incubi che (ancora) si muovono nel nostro immaginario. C’è l’angelo-demone dell’identità e fisicità post-umana, aliena, scomposta e ricomposta in simulacro virtuale. C’è l’(av)venire di divinità profane ancestrali e futuribili, degli extraterrestri originari e apocalittici che forse siamo (sempre stati) solo noi. Ci sono il paradiso e l’inferno delle percezioni, e l’oblio in cui si decostruiscono queste ed altre opposizioni binarie nella loro arbitrarietà.

Ma non c’è pretenziosità o appesantimento intellettualistico nel discorso di Zanatta che ispira queste libere interpretazioni. Perché ogni possibilità di lettura parte, arriva e passa attraverso la lingua pre- (o post-)razionale del cortocircuito tra luci, vibrazioni e creature in movimento. Dove la chimera è perdersi, e il destino ineluttabile ritrovarsi (e ritrovarci) per un altro rito collettivo. Come spesso accade al cinema.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
pesaro59-viva-la-notte-la-recensione-del-corto-italiano-in-concorsoLe immagini e i suoni che componongono le opere selezionate alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival appartengono spesso a un altrove (estetico, esperienziale, sociopolitico) dove non valgono le convenzioni della comunicazione audiovisiva ordinaria (o maggioritaria). Perché questi lavori (soprattutto fra...