The Good Spy, gli aggiornamenti sul biopic con Hugh Jackman

Dal Red Sea Festival di Gedda, Hany Abu Assaad parla del suo prossimo film.

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Hany Abu Assaad - The Good Spy

Regista, sceneggiatore e produttore palestinese – con cittadinanza israeliana – Hany Abu Assaad è al Red Sea International Film Festival con il suo ultimo film, Huda’s Salon (qui la recensione), scelto per aprire il concorso della prima edizione della kermesse saudita. Un dramma intenso, che intreccia la situazione politica al thriller, offrendo spunti di riflessione in una trama spy.

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Un genere che ama, e che da tempo attende di affrontare dirigendo Hugh Jackman nel The Good Spy da un paio di anni in pre-produzione. Una sorta di biopic sull’agente CIA Robert Ames, che finalmente sembra essersi sbloccato, come conferma lui stesso:

“The Good Spy va avanti. Non abbiamo ancora uno script, ma a gennaio lo sceneggiatore inizierà a lavorare a una nuova bozza, e spero che a quel punto potremo partire. Anche con Hugh, con il quale non ho parlato di recente, ma che è nel progetto”.

Premiato con il Golden Globe e candidato all’Oscar come migliore film straniero nel 2006, il suo Paradise Now parlava della preparazione dell’attentato suicida di due palestinesi. Dopo la seconda nomination – nel 2013 per Omar, premio della giuria al Un Certain Regard del Festival di Cannes – il regista è una certezza. Che potremmo vedere esprimersi prossimamente anche in tv, forse nella serie tv Blood, forse in una serie che prenda le mosse dal finale aperto di questo suo ultimo Huda’s Salon.

“Sarebbe bello farne un sequel”, scherza la sua attrice Manal Awad, prima di lasciare la parola al regista per approfondire la situazione raccontata nel film. Che vede le donne abbandonate a sé stesse e in situazioni drammatiche.

“Quello che racconta il film, succede veramente. Le donne, in Palestina, sono vulnerabili, sfruttate sessualmente. Ma non tutte. Quelle che hanno alle spalle una famiglia che le sostiene, in caso di problemi si rivolgono a questa. Ma alcune invece cadono nella trappola di chi vuole farle diventare traditrici. Ma questa è la storia. La mia funziona è quella di farne cinema. Questo è un film semplice, con tre personaggi e due location, ma pieno di contraddizioni, che impediscono allo spettatore di capire cosa succederà e chiedersi chi sia il carnefice o la vittima. Per me, è la consapevolezza della complessità della vita il punto di partenza per combattere il Male dentro di noi. Noi possiamo essere buoni o cattivi, dipende spesso dalle circostanze”.

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Un film che in patria non è ancora stato visto, ma che ha registrato delle prime reazioni molto forti da parte dei pochi che lo hanno visto in anteprima.

“L’ho mostrato anche a un gruppo di donne che lavorano proprio con le vittime di molestie sessuali e lo hanno considerato quasi film educativo. Un film capace di schierarsi accanto alle donne, e spingere molti uomini ad aiutarle nella loro lotta quotidiana e proteggere le più vulnerabili”

Ed è lo stesso Hany Abu Assaad a spiegare la sua passione per lo spy-thriller, e i motivi per cui sia un genere perfetto per i suoi scopi:

“Amo i thriller e probabilmente è questo il motivo per cui ho scelto il thriller, e lo spy. Perché la suspense permette di aprire la mente a differenti aspetti della vita. Quel che cerco di fare è usare il genere per raccontare temi sociali. E’ semplice, amo il genere, ma se non c’è un messaggio è solo intrattenimento, se non dice nulla è solo un passatempo. Invece a me piace porre domande sulla nostra vita, la nostra società, ma anche sull’esistenza umana, su di noi e come affrontiamo Bene e Male”.