“A BIGGER SPLASH”: L’OPERA BUFFA DI LUCA GUADAGNINO

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Quello che porta A Bigger Splash di Luca Guadagnino ad un livello di opera geniale e iconoclasta è Corrado Guzzanti. La sua entrata in scena è uno sfregio a tutto quello che la meravigliosa cura estetica del regista di Io sono l’amore costruisce per più di metà. Prendere o lasciare. Per più di un’ora e mezza, il film non è soltanto il remake de La piscina con Alain Delon ma, in qualche modo, anche del film precedente di Guadagnino: uno stile lussureggiante, al limite del kitsch, sequenze eleganti e semplicemente “belle da vedere”, la descrizione di un ambiente sociale e famigliare esemplare, supportata da uno sguardo registico un po’ snob ma di indubbio fascino. Nessuna sorpresa, se si aggiunge anche l’inevitabile gioco perverso e psicologico che si instaura nel quadrato sentimentale composto da Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts, Dakota Johnson e Ralph Fiennes. La tensione cresce poco a poco, tra squarci di Pantelleria un po’ cartolineschi e una colonna sonora degli Stones che violenta la pulizia formale dell’immagine.

E poi, la scelta clamorosa di spiazzare lo spettatore che fino a quel momento ha potuto godere di uno spettacolo formalmente magistrale ma senza particolari sussulti. Fin dai titoli di testa, risulta evidente che Guadagnino sia consapevole di avere un talento incredibile, di saper calibrare umori, immagini, raffinatezze tecniche con una scioltezza che ha davvero pochi eguali nel cinema contemporaneo. Puro cinema, funzionale soltanto “alla bellezza del gesto”, niente di più e niente di meno. Questa volta, però, non siamo di fronte a sontuoso affresco viscontiano dell’alta borghesia milanese, ma alla contrapposizione tra un nucleo umano di rockstar viziate e di produttori musicali che vivono la superficie, “la schiuma dei giorni”, e un Paese, l’Italia, che continua ostinatamente ad autoflagellarsi nella mediocrità che lo tiene in vita. Rimanendo sempre in bilico sulla linea sottile che separa sublime e ridicolo, A Bigger Splash sarà oggetto di discussione, tra parole di indignazione e ripensamenti: la verità è che in Italia un cinema come quello di Luca Guadagnino non lo fa proprio nessuno, in grado di avere un respiro universale che parte dalla negazione del postmoderno e arriva con prepotenza a rifiutare ogni ricatto di conformismo intellettuale.

Emiliano Dal Toso