“CREED – NATO PER COMBATTERE”: LA RECENSIONE

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Creed, Usa 2015 Regia Ryan Coogler Interpreti Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Phylicia Rashad, Tony Bellew Produzione Metro-Goldwyn-Mayer, New Line Cinema, Warner Bros. Distribuzione Warner Durata 2h e 13′

In sala dal 

14 gennaio

colpo di fulmineFiglio naturale del leggendario Apollo Creed, lo sconosciuto e arrabbiato Adonis Johnson vive per ricalcare le sue orme. Dalla California si trasferisce a Filadelfia e contatta l’uomo che si scontrò con il padre (nei due primi capitoli della serie), Rocky Balboa, per cercare di convincerlo fare di lui un vero professionista del ring. All’inizio titubante, l’anziano e logoro ex campione del mondo coglie però la scintilla della determinazione negli occhi del ragazzo e accetta. Il rapporto che si instaura migliorerà entrambi, sì perché anche il vecchio fighter ha la sua battaglia da vincere.

Praticamente uno spin off della serie, con Sylvester Stallone splendido monumento segnato dal tempo a fare da “ricca” spalla (e si meriterebbe l’Oscar come non protagonista, infatti si è già accaparrato il Golden Globe). Creed sorprende con i molti meriti della sua confezione: preciso e compatto nella sua linearità – film sulla boxe ma anche racconto di formazione – rinuncia a qualsiasi non necessaria ridondanza retorica (nei limiti del possibile). Il regista e sceneggiatore Ryan Coogler, un afroamericano di Oakland che si è già segnalato per il potente atto d’accusa di Prossima fermata Fruitvale Station, costruisce il suo epic-drama sportivo su una domanda: “perché fare la vita del pugile quando non se ne ha bisogno?” e sa trovare risposte realistiche e psicologicamente plausibili. Tante le scene notevoli, tra cui un match girato senza stacchi di ripresa (!!), il montaggio degli allenamenti ora accompagnati con i soli rumori della scena, ora con la progressiva esaltazione degli ottoni dell’orchestra (ricordate il tema di Rocky?). Stallone (anche produttore) dal canto suo si ritaglia splendidi preziosismi da interprete, giocando persino sul proprio decadimento fisico e quando sulla collina del cimitero si siede parlando con i suoi cari defunti (Adriana e Paulie) fa quasi ricordare la analoga commovente scena di John Wayne/capitan Brittles nel capolavoro di John Ford, I cavalieri del Nord Ovest. Insomma, un impeccabile esempio di cinema industriale e adulto (che ha già vinto il premio per la regia dell’Associazione dei critici afro-americani). A questo punto attendiamo comunque il prossimo progetto di Coogler, Black Panther (!!) con l’entusiasmo che si riserva ai registi che contano.

Massimo Lastrucci