“HUMANDROID”: LA RECENSIONE

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Chappie Usa, 2015 Regia Neill Blomkamp Interpreti Hugh Jackman, Sigourney Weaver, Sharlto Copley, Dev Patel, Ninja, Yo-Landi Visser, Jose Pablo Cantillo Distribuzione Warner Durata 2h Vai al sito ufficiale

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9 aprile

A Johannesburg, Sud Africa, dei robot affiancano i poliziotti nella lotta contro il crimine. Un successo per la megaditta che li fabbrica, li affitta e li gestisce, uno stimolo per l’ingegnere Deon Wilson che li ha creati, desideri di rivalsa e vendetta per l’altro ingegnere Vincent Moore che ha creato un modello differente, più macchinoso e subito obsoleto. Ma Deon ha in mente ben altro: innestare un sistema che crei una vera coscienza in uno di questi robot poliziotti. Il problema è che il prototipo, assemblato di nascosto, viene rubato da tre banditi di strada che lo vorrebbero usare per un loro colpo criminale. Non solo, ma l’invidioso e aggressivo Moore scopre l’esistenza di Chappie (viene battezzato così!) e farà di tutto e di più per opporvisi, generando caos nel caos.

District 9, fanta action socio-politico con poche lire ma tante idee, ha lanciato Neil Blomkamp nel cerchio ristretto degli emergenti che contano. Elysium prima e questo Humandroid (e per fortuna che il film non s’è intitolato Chappie, come inizialmente si progettava!) rischiano però di ridimensionarlo e di fare di lui una meteora. E sarebbe un vero peccato perché il cineasta sudafricano ha immaginazione e cuore sensibile agli stimoli della realtà della società contemporanea (fatto raro in quella cerchia). Fattori che si notano anche qui, in questo suo progetto giovanile ora riciclato probabilmente fuori tempo massimo. Per due terzi film per ragazzini che improvvisamente devia in un generico muscolare action tutto combattimenti ed effettacci, Humandroid potrebbe scontentare entrambe le fasce di pubblico. Innanzitutto è un po’ troppo infantile nelle caratterizzazioni: Chappie è un incrocio tra WALL-E, il robottino di Corto circuito, un personaggio manga, più altri super cucciolotti da cartoon; i banditi sono dipinti tra il buffo e il freak miserabilista-apocalittico – per capirci; tra lo sfigato e Mad Max (due di loro sono interpretati da due rapper sudafricani Ninja e Yo-Landi Visser)-, Hugh Jackman ha una pettinatura assurda quanto i suoi vestiti (peraltro i suoi dubbi sulla fede assoluta nella sperimentazione sono encomiabili) e recita volontariamente con l’accento australiano (che si perderà nella versione italiana); Sigourney Weaver è la manager algida di sempre e Deon-Dev Patel fa il bravo genietto incauto e irresponsabile, simile ad altri di tante fanta teen-comedy. In secundis, suona scontato nelle curve e controcurve della trama (c’è qualcuno che non ha pensato a Robocop?); peraltro ha ritmo incalzante, ottime animazioni e qualche gag visiva che lascia intuire che, tra tanto materiale di routine, brilla un talento vivido che deve forse ritrovarsi dopo essere stato travolto da tanta precoce notorietà. Col prossimo sequel di Alien, a lui affidato, si giocherà molto. Noi tifiamo comunque per lui.

Massimo Lastrucci