ROMAFF10: “ALASKA”, GHIACCIO BOLLENTE

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In Alaska, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma, Claudio Cupellini racconta un amore travagliato che parte da Parigi per approdare a Milano, tra ostacoli che mettono a dura prova la relazione dei due protagonisti

AlaskaFausto (Elio Germano) e Nadine (Astrid Berges-Frisbey), due solitudini che si incontrano sul tetto dell’Hotel Ritz di Parigi, che s’innamorano con la stessa velocità con la quale sono costretti a alla prima delle innumerevoli separazioni che la vita ha in serbo per loro, come se la felicità non facesse altro che voltargli le spalle, costringendoli ad una rincorsa costante di parentesi di serenità ingannevoli. Quarto film italiano presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma, Alaska, è il nuovo film di Claudio Cupellini, dopo il fortunato Lezioni di cioccolato e Una vita tranquilla, nel quale il regista sviluppa la storia d’amore tra un cameriere ed un’aspirante fotomodella, che, dalla Parigi dei giorni nostri, approda a Milano, tramite una struttura circolare giocata sull’alternanza delle condizioni dei due protagonisti. «La struttura circolare già l’avevamo approcciata in Una vita tranquilla. Sentivamo fosse giusto chiudere come avevamo aperto perché la storia mostra un disequilibrio in tutto l’arco della narrazione. Quando ci sono gli alti di Nadine ci sono i bassi di Fausto e viceversa. Il finale è un tentativo di riportare i due ad una situazione iniziale, ma di segno opposto e pacificata, anche per dare al ruolo della protagonista femminile una sua forza ed indipendenza rispetto al personaggio di Fausto », ha commentato il regista durante il nostro incontro.

AlaskaDue personaggi, Fausto e Nadine, ai quali è impossibile rimanere indifferenti grazie ad una sceneggiatura ben scritta dallo stesso Cupellini, insieme con Filippo Gravino e Guido Iuculano, che mostra un percorso umano e relazionale mutevole nei due man mano che la narrazione procede.
«Nel corso della storia, un arco cronologico di cinque anni, c’è un processo di formazione che, tramite ellissi e passaggi, mostra l’evoluzione dei personaggi » afferma il regista che aggiunge: «Tutti i personaggi che Fausto e Nadine incontrano sono delle figure che hanno un ruolo importante nella loro crescita. Da Benoit che lo aiuta a trovare una strada fuori dal carcere a Sandro che è un’immagine speculare di quello che avrebbe potuto diventare Fausto ». Alaska, titolo dal duplice significato, evocatore della durezza di una terra dalla bellezza suggestiva e nome del locale gestito da Fausto, è un viaggio nella vita di due esseri umani mostrati nelle loro debolezze, nei loro difetti ma anche nella loro crescita fatta di iniziali obiettivi decentrati, errati per poi imparare che tutto si racchiude all’interno di un sentimento autentico. «Ci siamo ispirati a Il Grande Gatsby di Fitzgerald, la ricerca di un’amore attraverso un’ascesa sociale. Il terreno di gioco dei protagonisti è proprio la ricerca della felicità che cercano di raggiungere vagando in un dedalo di ostacoli ».

Alaska«La loro è una vera e propria corsa ad ostacoli. All’inizio sono accecati dall’ambizione ma, quello che imparano a loro spese, è che sono le emozioni le uniche che potranno salverli. Il mio personaggio si chiama Fausto. Ho pensato sia al Faust di Goethe che vende l’anima pur di ottenere ciò che vuole, sia a Fausto Coppi, alla sua metaforica scalata di una salita », commenta Elio Germano, l’attore protagonista della scorsa stagione cinematografica con Il giovane favoloso, ancora una volta capace di creare un personaggio forte, sfaccettato, fortissimo ma con altrettante punte di fragilità. Â«È un film puro, nuovo che non ammicca a nient’altro. Un film che punta ad un’internazionalità con una scrittura di personaggi che mi ha fatto pensare a quella dei grandi del passato, perché sono scissi nel loro profondo ». Alaska è un film caldo, intenso, diretto fatto di scelte che, come in un domino, portano giù con loro tutto quello costruito fino a quel momento. Una storia d’amore dove i corpi sono vivi e le emozioni palpabili, amplificate. «Abbiamo lavorato con la pancia, le viscere. Il nostro pensare al film era sempre votato alla realizzazione di qualcosa di potentemente romantico e vero », ha concluso il regista.

Manuela Santacatterina