ROMAFF10: TRA SPIELBERG E SORRENTINO, È ARRIVATO JUDE LAW!

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Da Spielberg a Minghella, toccando Guy Ritchie, Joe Wright e Mike Nichols: alla Festa del Cinema di Roma è arrivato Jude Law, portando con se tutta la sua carriera. E The Young Pope? Bello, ma scomodo!

Jeans e giacca di pelle nera. Sorriso smagliante e occhi che brillano, anche nella penombra di una sala estasiata, oltre che gremita. Alla Festa del Cinema di Roma è arrivato Jude Law, portandosi dietro la sua bravura, il suo fascino e, soprattutto, alcuni dei suoi celeberrimi film, da Gattaca a Sherlock Holmes, passando per Era mio padre e Closer. L’incontro, più che uno scambio di battute, interloquite con Antonio Monda, diretto artistico della Festa, è stata una vera e propria lezione di cinema, affatto scontata e piena di sorprese. A cominciare dal primo film analizzato da Jude Law, diretto da uno dei più grandi registi della storia: «Eh, A.I.! Spielberg si rivolse a me per la sceneggiatura scritta da Kubrick. Lavorare con Steven, poi, è stato, più che un lavoro, una collaborazione. Lui ha portato al successo alcuni dei film pi grandi della storia. Abbiamo, appunto, collaborato in modo molto intenso sul mio personaggio ». Chiara la sua preferenza, quando gli si chiede qual è il suo film preferito del regista di Jurassic Park: «Il film che mi ha più colpito è stato Incontri Ravvicinati… Ma ho visto le sue opere in tante fasi della mia vita e ogni volta c’è un equilibrio diverso ».

DA MINGHELLA A… GUY RITCHIE

Il talento di Mr. Ripley Altra accoppiata, altra emozione: dopo il genio di Spielberg arriva il momento di Anthony Minghella, con cui Jude Law ha lavorato sia in Il talento di Mr. Ripley che in Ritorno a Could Mountain, alternando così due interpretazioni sensibilmente diverse, pur dirette dallo stesso autore. «Fare l’attore è un viaggio unico », commenta Law, «Da giovane lavoravo d’istinto, poi il viaggio l’ho proseguito sull’istruzione e sull’apprendimento, necessarie per le performance. Però dico che valgono entrambi i tipi di impostazione e bisogna vedere poi quale si vuole applicare, anche in base al regista e all’insieme stesso del progetto ». Una carriera sfaccettata quella di Jude Law, che per molte volte l’ha portato ad interpretare anche ruoli in costume, come lo straordinario Watson di Sherlock Holmes diretto da Guy Ritchie oppure il sinuoso Lord Alfred Douglas in Wilde di Brian Gilbert: «Quando si affronta un character non lo si giudica. Anche i cattivi, per dire, hanno sempre molte sfaccettature. Però bisogna trovare un equilibrio, anche indagando i lati oscuri dei tuoi personaggi. Mi sono sempre divertito nei film a cui ho preso parte. Sono pochi i lavori che ti danno privilegi simili e l’esplorazione è un fattore fondamentale ».

LE CONSEGUENZE DI ESSERE UN ATTORE

SleuthMoltissimi, hanno associato Jude Law ad un altro grande attore: Michael Caine. Sarà che è stato il protagonista del remake Alfie, sarà che il fascino e il talento sono quelli, tant’è che i due, quando si sono incontrati sul set di Sleuth, diretto da Kenneth Branagh, hanno dato vita ad un duetto-duello strepitoso: «Con Mr. Caine, anzi Michael, ho parlato di quello che sarebbe stato il nostro duetto, di come l’avremmo dovuto preparare. Tra l’altro il film di Branagh non aveva molti fondi però, insomma, con me e Caine era pieno di talento », ha rivelato l’attore. Altra sua grande prova, anche se taciturna e oscura, quella in Era mio padre, diretto da Sam Mendes: «Sam Mendes è un regista molto, molto cinematografico. Ha un grande occhio, acuto e con una straordinaria attenzione ai dettagli: il mio personaggio in Era mio padre non è poi così approfondito, eppure abbiamo lavorato insieme per dargli una sua identità, diventando più ”piccolo” rispetto ai vari Tom Hanks, Paul Newman e Daniel Craig, i miei compagni di set in quella pellicola ».

IL METODO OLTRE IL DENARO

«Vero, ho lavorato con registi sia statunitensi che inglesi. Però, dico davvero, le differenze sono poche e, quando si fa un film ben prodotto, con ottimi budget e una grossa produzione alle spalle, tutto è più facile », dichiara Jude Law, divertito e disponibile alle domande di Monda, «Noi attori, così non abbiamo la pressione di dover costipare in poche giornate tutto il lavoro. Però dico anche che il risultato, alla fine, se fatto bene e con pochi soldi, è comunque tangibile sul grande schermo. Basta affrontare il progetto con amore e concedersi al regista, alla fine il film è suo. Noi attori offriamo un contributo »

IL FILM DEL CUORE

Durante la masterclass, il momento più emozionante è stato quello quando Jude Law ha mostrato una sequenza di uno dei suoi film del cuore, ossia La morte corre sul fiume, di Charles Laughton: «Me lo fece vedere mia mamma, a 16 anni. È con questo film che ho iniziato la mia storia d’amore con il cinema. Amando il teatro, che annulla la dimensione del reale, cosa che nel cinema viene fin troppo inseguita, il film di Laughton è la dimostrazione che si può fare una pellicola a dimensione teatrale. Peccato che Laughon non fece altri film, gli studios non lo capirono ».

IL PAPA GIOVANE

CThe Young Popeuriosità, trepidazione e attesa, invece, quando Antonio Monda ha chiesto a Jude Law della misteriosa quanto discussa serie TV diretta da Paolo Sorrentino: «Ragazzi, non posso dirvi tanto però… Beh, dopo aver visto La Grande Bellezza, ho detto a tutti che avrei voluto tanto lavorare con lui. Qualche mese dopo mi è arrivata la sceneggiatura di questo The Young Pope, ossia un film di otto ore per la HBO. Sono qui da diverse settimane, interpreto un papa americano e… Non posso dire altro! Anzi, una cosa l’aggiungo: il vestito da papa è scomodissimo! Una volta indossato devo restare praticamente sempre in piedi ». E chissà cosa gli risponderà Paolo Sorrentino, atteso proprio oggi alla Festa del Cinema, per una masterclass da Oscar.

Damiano Panattoni